La nutraceutica per prevenzione e gestione dell’artrosi

1. Artrosi

L’artrosi o osteoartrosi è una malattia cronico-degenerativa che interessa le articolazioni e che ha come conseguenza ultima la perdita della funzionalità dell’articolazione stessa. È caratterizzata, inizialmente da lesioni della cartilagine articolare a cui consegue una modificazione di tutte le strutture che la compongono: tessuto osseo, capsula, legamenti, tendini e muscoli. La lesione che caratterizza il processo artrosico è accompagnata da infiammazione, processo che tende ad autoalimentarsi e a cui consegue una distruzione della cartilagine articolare del distretto interessato e da sintomi quali dolore e limitazione funzionale.
Mentre nell’ artrosi primaria si verifica una alterazione della cartilagine articolare in assenza di “apparenti” cause o malattie concomitanti, nell’artrosi secondaria, il processo degenerativo è determinato da una causa o fattori estrinseci alla cartilagine che ha determinato il danno articolare (es. traumi o fattori come l’uso prolungato e ripetitivo di alcune articolazioni, il sovrappeso, infezioni o malattie metaboliche).

2. Epidemiologia​

Tale patologia interessa circa il 10% della popolazione adulta e il 50% di coloro che hanno superato i 60 anni di età. Ha un’incidenza maggiore nelle donne con più di cinquant’anni in post-menopausa ma prima dei 50 anni l’artrosi colpisce ugualmente uomini e donne.

Secondo l’Istat, l’artrosi/artrite interessa il 16,4% della popolazione risultando, insieme all’osteoporosi, tra le malattie o condizioni croniche più diffuse in Italia dopo l’ipertensione. La prevalenza di questa patologia aumenta con l’età ma presenta nette differenze di genere: è presente nella maggioranza degli esseri umani al quarantesimo anno di età e nella quasi totalità dei settantenni, con un picco di massima incidenza fra i 75 ed i 79 anni (tra gli over 75enni, il 68,2% delle donne e il 48,7% degli uomini dichiarano di soffrire di artrosi/artrite) (Istat 2013).

Nonostante solo una minoranza degli affetti lamenti disturbi, l’osteoartrosi è di gran lunga la causa più importante di dolore e di invalidità per malattie articolari.

3. Come prevenire l'artrosi

L’artrosi è una patologia strettamente correlata all’invecchiamento della popolazione e, dal momento che i farmaci ad oggi utilizzati per trattarla come il paracetamolo, i FANS (farmaci anti – infiammatori non steroidei) e i corticosteroidi, agiscono prevalentemente sul dolore, quindi sul sintomo e tutt’ al più sul rallentamento della degenerazione senza poter prevenire o curare la patologia, non rappresentano una soluzione definitiva alla risoluzione del problema.

Per questo motivo è necessario agire a monte intervenendo sul controllo preventivo dei fattori di rischio predisponenti alla malattia:

  • Trattamento dell’obesità: Oggi il tasso di obesità sull’intera popolazione sta aumentando a causa di una scorretta alimentazione e di una eccessiva sedentarietà. Per coloro che associano alla dieta l’esercizio fisico, la percentuale di mantenimento della perdita di peso aumenta. Il controllo del peso aiuta a ridurre il carico sulle articolazioni.

  • Praticare attività fisica ed evitare la sedentarietà: l’attività fisica moderata è utile per mantenere un buon tono muscolare, l’inattività, al contrario può indebolire i muscoli, rende le articolazioni più rigide e danneggia l’equilibrio oltre a ridurre la tolleranza al dolore. Esercizi di stretching mantengono un buon movimento articolare.

  • Evitare sforzi eccessivi e prevenire le complicanze da traumi: Un iper-uso articolare, sottoponendo le articolazioni ad eccessivo e ripetitivo carico di lavoro, conduce ad un’usura articolare a causa di uno stress troppo intenso.

  • Seguire una dieta equilibrata: alcuni alimenti, presenti con costanza nell’alimentazione, possono aiutare a combattere l’infiammazione e riducono lo stress ossidativo dei tessuti in generale e quindi anche delle cartilagini: verdura cruda o cotta a vapore, semi di lino e di zucca, frutta fresca di stagione, frutta a guscio, legumi, yogurt, formaggi meglio se di pecora e di capra ma consumati in piccole quantità, pesce, uova. È necessario contenere il consumo di carne, di superalcolici e dolciumi.

4. La nutraceutica nella prevenzione e nella gestione dell'artosi

Anche la Nutraceutica oggi, può rappresentare un valido alleato non solo nella prevenzione ma anche come coadiuvante nel trattamento farmacologico di molte patologie croniche come l’artrosi.

Il termine “Nutraceutica”, neologismo nato negli anni ’80, è composto da due termini: “nutrizione” e “farmaceutica”. È la disciplina che studia componenti o principi attivi (vitamine, enzimi, sali minerali) naturalmente presenti negli alimenti, al fine di individuarne benefici per la salute, per la prevenzione e per il trattamento di alcune patologie in associazione alla terapia farmacologica. In realtà, spesso, la forma e la quantità di queste componenti presenti negli alimenti, non sono sufficienti ad esplicare un’azione terapeutica efficace nel distretto corporeo d’interesse, per cui oggi, l’obiettivo della Nutraceutica è soprattutto quello di ricercare e produrre, forme di tali nutrienti (singoli o combinati) sempre più biodisponibili per il nostro organismo in modo che risultino più efficaci nel distretto corporeo in cui esplicano la loro azione benefica.

Per loro stessa natura, quindi, i prodotti nutraceutici, risultano, dunque, utili sia nella prevenzione sia nel trattamento prolungato di patologie croniche come l’artrosi come coadiuvanti della terapia farmacologica.
Le indagini più recenti condotte dall’OCSE e dall’ISTAT dimostrano che l’Italia è uno dei Paesi con la maggiore aspettativa di vita (80,8 anni per gli uomini e 85,2 per le donne), pertanto un importante obiettivo per gli anni a venire sarà garantire una vita in buona salute, principalmente attuando quanto più possibile strategie finalizzate ad una riduzione della prevalenza delle malattie cronico-degenerative, che oltre a gravare sulla sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale, sono tra le prime cause di disabilità e quindi di riduzione della qualità di vita.

Le indagini più recenti condotte dall’OCSE e dall’ISTAT dimostrano che l’Italia è uno dei Paesi con la maggiore aspettativa di vita (80,8 anni per gli uomini e 85,2 per le donne), pertanto un importante obiettivo per gli anni a venire sarà garantire una vita in buona salute, principalmente attuando quanto più possibile strategie finalizzate ad una riduzione della prevalenza delle malattie cronico-degenerative, che oltre a gravare sulla sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale, sono tra le prime cause di disabilità e quindi di riduzione della qualità di vita. È proprio in questo contesto che la Nutraceutica può rappresentare una soluzione efficace e sicura per consentire alla popolazione di preservare il proprio stato di salute inteso non semplicemente come “assenza di malattia” ma come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale (OMS).

I primi integratori studiati per prevenire e coadiuvare il trattamento farmacologico per l’artrosi, chiamati condroprotettori, agivano prevalentemente sulla cartilagine. Oggi la condroprotezione deve tener conto non solo della cartilagine articolare, ma anche del processo infiammatorio che accompagna il processo artrosico e del muscolo. Recenti studi, infatti, hanno dimostrato che ad essere interessati dall’artrosi, possano non essere solo la cartilagine, l’osso, la capsula ma anche i muscoli. Vi è infatti una stretta relazione tra debolezza muscolare e processo artrosico: una condizione di riduzione di volume e degenerazione funzionale dei muscoli da un lato può essere conseguenza del disuso dell’articolazione e del processo infiammatorio alla base dell’osteoartrosi, dall’altro, la debolezza muscolare stessa può essere considerata un fattore di rischio per lo sviluppo e la progressione dell’artrosi.

Cartilagine, muscolo e infiammazione, dunque, sono fattori strettamente correlati, che si sostengono ed influenzano a vicenda, innescando un vero e proprio circolo vizioso che accelera lo sviluppo della patologia. Oggi, si dovrebbe parlare di “artroprotezione” come nuovo concetto che “integra” la condroprotezione: recenti studi hanno dimostrato che alcune sostanze, oltre ad avere un’azione completa su cartilagine, osso e muscolo, agiscono anche sulla sintomatologia associata al processo artrosico, incluso il dolore.

Tra le sostanze che oggi sono in grado di garantire un’artroprotezione efficace troviamo:

  • Glucosamina e Condroitinsolfato: hanno effetti favorevoli sulla struttura cartilaginea. Sono sostanze naturali che si trovano fisiologicamente nella cartilagine sana delle articolazioni. La Glucosamina solfato svolge un ruolo primario per la produzione dei glicosamminoglicani (GAG), che hanno la capacità di conferire alla cartilagine proprietà ammortizzanti e svolgono funzioni lubrificanti all’interno della membrana sinoviale. Inoltre, alcuni studi hanno dimostrato l’efficacia della combinazione di queste due sostanze nella riduzione del dolore, della rigidità e della limitazione funzionale e sul gonfiore articolare tipiche del processo artrosico.

  • Acido ialuronico è una sostanza viscoelastica della famiglia dei glicosamminoglicani, caratterizzata dalla capacità di trattenere acqua formando soluzioni viscose che migliorano la lubrificazione articolare: è infatti uno dei principali componenti del liquido sinoviale, oltre che della maggior parte dei tessuti connettivi, liquido fisiologico presente nelle articolazioni con la funzione di attutire l’attrito tra i componenti anatomici della articolazione stessa.

  • Collagene: è una componente fondamentale delle articolazioni sinoviali, conferisce forma, resistenza ed elasticità alla struttura cartilaginea.

  • Bromelina: è una miscela di enzimi proteolitici estratti dal gambo dell’ananas con spiccata attività antinfiammatoria.

  • Carnitina e Vitamina D: sono sostanze naturali che aumentano la massa e l’efficienza muscolare:

    1.  La Carnitina aumenta la disponibilità energetica per il muscolo e promuove l’eliminazione dei cataboliti tra cui l’acido lattico. Inoltre, induce l’espressione di proteine coinvolte nella contrazione muscolare aumentando così il volume del muscolo. Alcuni studi, inoltre, dimostrano che l’associazione della L-Carnitina al trattamento dell’artrosi, ha un effetto positivo sulla sintomatologia associata alla patologia.
    2. La vitamina D aumenta sia in maniera diretta sia in maniera indiretta lo sviluppo e la funzionalità muscolare in quanto da un lato modula il livello di calcio nelle cellule muscolari e aumenta così la capacità di contrazione del muscolo, dall’altro attiva i geni che promuovono l’espressione delle proteine contrattili quindi aumenta il volume del muscolo. Inoltre, alcuni studi suggeriscono che l’integrazione con vitamina D si è dimostrata efficace nel migliorare il dolore e la funzionalità articolare associati al processo artrosico.
  • https://www.humanitas.it/malattie/artrosi
  • https://www.epicentro.iss.it/muscolo-scheletriche/epidemiologia-italia
  • https://www.oecd-ilibrary.org/docserver/92056604-it.pdf?expires=1643041798&id=id&accname=guest&checksum=D9D817D17DA7F7322E124771A4608E97
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Osteoporosi: cos’è, quali sono le cause e come prevenirla

1. Cos'è l'osteoporosi? ​

Osteoporosi” significa letteralmente “osso poroso” e fa riferimento all’aspetto poroso che assume il tessuto osseo quando è colpito da tale patologia. L’osteoporosi è, infatti, definita dalla Word Health Organization come un disordine sistemico dell’apparato scheletrico, dovuto ad una bassa densità minerale e al deterioramento della micro – architettura del tessuto osseo, che determina nel tempo aumento della fragilità ossea ed è prevalentemente legata all’invecchiamento.

Tale condizione, può causare, nel tempo un indebolimento delle ossa che diventano più fragili, con conseguente aumento, dunque, del rischio di frattura ossea soprattutto in sedi quali vertebre, femore, polso, omero, caviglia che segue a traumi anche minimi.

2. Epidemiologia​

In tutto il mondo 200 milioni di persone soffrono di osteoporosi. Secondo l’ultima indagine ISTAT in Italia, solo il 4,7% della popolazione totale e il 17,5% delle persone con oltre sessantacinque anni dichiara di avere questa malattia. Il risultato è simile a quello emerso dal più recente studio epidemiologico multicentrico nazionale, ESOPO, secondo cui il 23% delle donne di oltre 40 anni e il 14% degli uomini con più di 60 anni ha l’osteoporosi.

Spesso le persone non sanno di soffrire di osteoporosi in quanto tale patologia non dà segnali della sua comparsa e viene spesso diagnosticata solo a seguito di una frattura che può avvenire a seguito di una caduta anche banale. L’osteoporosi colpisce in maggioranza il genere femminile, ma è una patologia che riguarda entrambi i sessi. Le donne ne sono più soggette rispetto agli uomini (si stima in un rapporto di 4 a 1) poiché l’abbassamento dei livelli ormonali estrogenici collegato alla menopausa, è uno dei fattori di rischio maggiori per l’osteoporosi, essendo responsabile dell’accelerazione della mineralizzazione ossea.

Durante l’infanzia, le ossa crescono e si riparano molto velocemente, dai 35 anni di età in poi questo processo è molto rallentato, soprattutto nelle donne in menopausa. L’uomo è meno predisposto alla malattia per la sua struttura scheletrica più forte ma anche perché l’andropausa subentra intorno ai 70 anni. Alcuni pazienti sviluppano l’osteoporosi già a 30-40 anni a seguito di stili di vita errati o ad altre malattie associate.

3. Cause e fattori di rischio

Dal momento che la condizione di osteoporosi è causata da una alterazione del rimodellamento osseo, il quale è regolato a sua volta da ormoni, farmaci, attività fisica, patologie, le cause e i fattori di rischio che possono condurre ad uno squilibrio tra distruzione e deposizione di tessuto osseo sono vari.

Oltre alla carenza di estrogeni, tipica delle donne in menopausa, o di testosterone per gli uomini dopo i 70 anni, esistono altri fattori di rischio che possono portare all’osteoporosi:

  • Malattie infiammatorie: artrite reumatoide, la malattia di Crohn e la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO)
  • Patologie endocrine: colpiscono le ghiandole che producono ormoni, come ad esempio una iperattività della ghiandola tiroide (ipertiroidismo) o di quella paratiroidea (iperparatiroidismo): alterazioni ormonali incidono sul processo di rimodellamento osseo , promuovendo una maggior riassorbimento a scapito di deposizione di nuovo tessuto
  • Familiarità con osteoporosi
  • Assunzione prolungata di farmaci steroidei assunti per via orale, in caso di patologie come l’artrite e l’asma, che influenzano i livelli ormonali e di densità ossea
  • Patologie legate al malassorbimento intestinale (celiachia, morbo di Crohn)
  • Carenza di calcio e vitamine o malassorbimento delle stesse: tra queste in particolare la vitamina D, necessaria per consentire l’assorbimento intestinale del calcio, e la cui carenza deriva soprattutto da un’insufficiente esposizione solare
  • Uso eccessivo di alcol e fumo
  • Disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia) legati a condizioni di sovrappeso o sottopeso
  • Sedentarietà prolungata o mancanza di attività fisica regolare

4. Sintomi: come riconoscere l'osteoporosi

Questo tipo di patologia è silente in quanto nelle prime fasi, non presenta alcun tipo di sintomo. Progressivamente, possono comparire manifestazione quali:

  •  Postura incurvata
  • Statura più bassa: dovuta ad uno schiacciamento alcune vertebre
  •  Fratture da “fragilità ossea” a cui si associa dolore acuto: sono una manifestazione improvvisa di osteoporosi ma già in fase avanzata che coinvolge prevalentemente sedi corporee quali il femore, il polso, l’omero, l’anca

Per evitare che si manifesti quest’ultima condizione, è bene analizzare insieme al proprio medico i fattori di rischio associati a questa patologia e mettere in atto alcune strategie di prevenzione.

5. Patogenesi: perchè si va incontro all'osteoporosi

Da un punto di vista fisiopatologico la comparsa di questa patologia è legata ad una alterazione del processo di “rimodellamento osseo”, processo metabolico di rinnovamento del tessuto osseo che avviene fisiologicamente secondo una sequenza temporale stabilita: inizialmente gli osteoclasti, cellule del tessuto osseo deputate all’eliminazione di piccole zone di osso (riassorbimento), erodono il tessuto formando piccole cavità e liberando nel sangue calcio e altri minerali; successivamente gli osteoblasti, depongono nuovo tessuto (deposizione) riempiendo così le cavità createsi.

In un osso sano, le due fasi di riassorbimento e deposizione, di durata di 90 giorni ciascuno, si alternano ciclicamente e alla fine di ogni ciclo la quantità di osso riassorbito e quella di osso neodeposto sono in equilibrio. Se alla fine di una serie di cicli, si verifica che la quantità di osso riassorbito sia superiore alla quantità di osso formato, si va incontro ad una situazione di osteopenia (“povertà ossea”).

La vera e propria condizione di osteoporosi si instaura quando la quantità di minerali depositata nel tessuto osseo, cala oltre una certa soglia ma oltre alla riduzione della quantità di minerali presente nell’osso (densità minerale ossea), si verifica una alterazione della struttura microscopica dell’osso: l’osso, infatti , è costituito strutturalmente da cavità trabecolari , unite cioè da strutture chiamate “trabecole”, tali strutture rappresentano una struttura compatta grazie ai depositi di minerali. In un osso osteoporotico, vi è la presenza di un numero molto inferiore di trabecole e che risultano essere anche più sottili con cavità minori in numero ma molto più ampie e legate da una minore quantità di sali minerali.

La conseguenza ultima è che l’osso risulta indebolito da un punto di vista strutturale, meno compatto e più poroso quindi più fragile e più soggetto a fratturarsi.

6. Come prevenire l'osteoporosi​

Una strategia di prevenzione dell’osteoporosi è quanto mai auspicabile in quanto, trattandosi di una patologia progressiva e degenerativa, non esistono terapie in grado di risolvere completamente il problema ma solo di rallentarne la progressione. La prevenzione è tanto più efficace quanto più viene attuata fin da quando si è giovani.

Lo scheletro si sviluppa molto velocemente dall’infanzia all’adolescenza e raggiunge i livelli ottimali di densità minerale intorno ai 25 anni di età. Per questo motivo, fare prevenzione a partire da queste prime fasi di vita quando il tessuto osseo viene costruito, significa raggiungere una massa ossea adeguata e quindi ridurre il rischio di sviluppare l’osteoporosi in età adulta.

Benché, la riduzione di densità ossea e l’alterazione della micro-architettura dell’osso siano spesso condizioni indotte anche da fattori non modificabili, vi sono diverse strategie per intervenire sui fattori modificabili che ne sono la causa:

  • Fare attività fisica regolare evitando un’inattività prolungata: l’esercizio fisico, infatti, stimola l’intero metabolismo corporeo compreso quello dell’osso che quindi diventa più robusto. Preferire attività semplici come camminare o salire le scale o come la ginnastica e la danza, attività durante le quali si fa lavorare il corpo contrastando la forza di gravità.
  • Mantenere un corretto peso forma: una eccessiva magrezza implica un carico inadeguato sullo scheletro che con il passare del tempo può indebolirsi, così come una condizione di sovrappeso oltre ad essere correlata a sedentarietà, può causare una diminuzione dei livelli di vitamina D che viene inglobata nel tessuto adiposo quindi non più disponibile. Inoltre, il sovrappeso è fattore di rischio per numerose patologie quali il diabete, e patologie cardiovascolari, che predispongono esse stesse all’osteoporosi 
  • Evitare il fumo e consumo eccessivo di alcool: l’alcool, se assunto in elevate quantità, così come il fumo di tabacco, inibiscono l’attività degli osteoblasti in favore dell’attività degli osteoclasti causando disequilibrio nel metabolismo osseo, inoltre riducono la produzione di ormoni quali estrogeni e testosterone, che inducono la produzione dell’osso. L’alcool, inoltre, inibisce l’assorbimento del calcio a livello intestinale
  • Preferire un’alimentazione equilibrata che assicuri un adeguato apporto di calcio e vitamina D: La maggior parte del calcio all’interno del nostro organismo si trova nello scheletro ed è importante per avere ossa sane. Il fabbisogno medio quotidiano di calcio, Secondo la Società Italiana di Nutrizione Umana, varia in base all’età e deve essere maggiore nei ragazzi, nelle donne in gravidanza e durante l’allattamento e in post-menopausa. La vitamina D è essenziale per permettere l’assorbimento del calcio e per la mineralizzazione dell’osso. Una carenza di tale vitamina, dovuta spesso a una non esposizione solare, infatti, può compromettere la deposizione di calcio nel tessuto osseo e favorire l’insorgenza di osteoporosi.