La corsa e la compromissione articolare

L’attività fisica è altamente raccomandata per mantenersi in salute. Le persone che praticano regolare attività fisica per un tempo uguale o superiore a 450 minuti a settimana (tre volte il tempo minimo raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità), integrando lo sforzo aerobico con esercizi per la forza muscolare, la flessibilità articolare e l’equilibrio, hanno una più lunga aspettativa di vita rispetto ai sedentari1. Al contrario l’inattività fisica sta diventando uno dei maggiori problemi di salute pubblica a livello mondiale per l’effetto che ha sulle principali malattie non trasmissibili (come la malattia coronarica, il diabete di tipo II, il cancro mammario e del colon) e sull’aspettativa di vita in generale2. Rimane da capire a fondo quale sia la combinazione più efficace tra tipo, frequenza, durata e intensità di esercizio per varie fasce di età, per migliorare lo stato di salute e ritardare l’invecchiamento3.

La corsa è una delle attività fisiche più praticate per migliorare la funzionalità cardiovascolare, respiratoria e muscolo scheletrica e in generale la salute. L’impatto della corsa (in tutte le sue declinazioni) sulla salute delle articolazioni degli arti inferiori è al centro di un fervente dibattito tra gli esperti. ci si chiede infatti se la maggiore sollecitazione a cui sono sottoposte le articolazioni rispetto al solo sostegno del corpo (provate a saltare sulla bilancia: il vostro peso sembra aumentare!) non esponga maggiormente a lesioni meccaniche e/o a fenomeni di usura delle ginocchia, caviglie ed anche e che tali fenomeni possano degenerare in artrosi.

Una controversia è quindi se la corsa possa causare osteoartrosi di anche e ginocchia o al contrario, essere protettiva. L’artrosi è un processo degenerativo a carico delle cartilagini articolari che hanno il compito di ammortizzare le sollecitazioni meccaniche che le articolazioni sopportano e di permettere lo scivolamento delle superfici ossee che mantengono un rapporto di contiguità. La mancanza di integrità delle cartilagini modifica la struttura e la funzionalità dell’intera articolazione poiché coinvolge anche ossa, muscoli e tendini. Un decennio fa i dati disponibili indicavano che chi pratica la corsa in “quantità bassa e moderata” non ha rischi maggiori di sviluppare osteoartrosi rispetto a chi non corre del tutto, mentre per la corsa ad “alto volume” i dati sulla possibile associazione con l’osteoartrosi di anca e ginocchio non sono dirimenti 4.

Uno studio retrospettivo sulla nazionale elvetica di corsa su lunga distanza (campestre e su pista) già nel 1989 evidenziava come una storia pluriennale di corsa regolare, intensa e su lunga distanza fosse un indicatore di malattia degenerativa dell’anca (diagnosticata da precoci segni radiologici) in età avanzata, ma concludeva anche che non era un problema di salute pubblica, interessando (allora n.d.r.) pochi soggetti 5.

Quasi trent’anni dopo (e l’aumento esponenziale dei praticanti la corsa in tutti i suoi tipi), in un editoriale apparso sul British Journal of Sports Medicine, Richard Leech ripropone il quesito se la corsa protegga o promuova l’osteoartrosi del ginocchio, sottolineando che se la corsa amatoriale fosse associata a osteoartrosi del ginocchio avrebbe un considerevole significato per la salute pubblica oltre che personale. Se esiste evidenza per l’associazione tra osteoatrosi del ginocchio nei corridori di élite su lunga distanza, ancora una volta non ci sono dati conclusivi per i ben più numerosi praticanti amatoriali, per i quali la corsa avrebbe addirittura effetto protettivo6.

Dati analoghi emergono da una recente revisione della letteratura in cui si conclude che tra i corridori amatoriali i casi di osteoartrosi sono meno rispetto a chi gareggia (atleti professionisti o di élite o partecipanti a gare internazionali) e a chi non corre del tutto. Sia una vita sedentaria sia la pratica della corsa ad alta intensità e per lungo tempo sono associate a osteoartrosi di anca e/o ginocchia anche se precedenti infortuni possono essere un fattore confondente 7.

Se si vanno a cercare i fattori di rischio per gli infortuni in chi pratica la corsa, pare che le uniche associazioni “da forti a moderate” siano con precedenti infortuni e l’uso di plantari, mentre per gli altri fattori di rischio, sia personali (quali sesso, età, Indice di massa corporea, peso, altezza, vascolarizzazione tendinea, particolare conformazione articolare), sia oggettivi (quali esperienza, tipo di allenamento, superficie di corsa, tipo di scarpe) l’evidenza dell’associazione sarebbe debole 8.

Una recente revisione della letteratura sugli infortuni muscolo scheletrici nella corsa di ultra endurance sottolinea come questa sia uno sport non uniforme, dato che differisce nella distanza (dai 42,195 km a oltre 1000), nel tempo (da poche ore a molti giorni), nelle superfici (track, strada, fuori strada). Di conseguenza gli infortuni differiscono tra i vari tipi di ultraendurance oltre che tra competizione e allenamento. La maggior parte degli infortuni interessa gli arti inferiori (caviglia, ginocchia e piede, sindrome da stress tibiale mediale e sindrome patello-femorale).

Nelle corse a lunghissima distanza (1000 km) predominano le lesioni da uso eccessivo a carico di ginocchia e caviglia, mentre nei trail più brevi (65 km) gli infortuni principali sono la fascite plantare e la distorsione di caviglia9. Ulteriori studi sono ovviamente necessari, con l’indicazione a raccogliere I dati in maniera standardizzata affinché siano paragonabili e su un numero sempre più vasto di runners.

Nel frattempo si può consigliare sia a chi ha già esperienza di corsa, sia ai principianti, di dare tempo al proprio corpo di adeguarsi ai cambiamenti di “andatura” causati dai cambiamenti del tipo di corsa, di distanza, di terreno e di calzature, anche affidandosi a fisiatri e fisioterapisti che possano indicare come correggere per tempo atteggiamenti viziati causati da deficit nella flessibilità, nella forza o nel controllo motorio. Gli infortuni muscolo scheletrici vanno trattati in modo appropriato, il peso e l’indice di massa corporea.

  1. Moore SC, Patel AV, Matthews CE, Berrington de Gonzalez A, Park Y, Katki HA, Linet MS, Weiderpass E, Visvanathan K, Helzlsouer KJ, Thun M, Gapstur SM,Hartge P, Lee IM. Leisure time physical activity of moderate to vigorous intensity and mortality: A large pooled cohort analysis. PLoS Med 2012;9:e1001335.
  2. Lee IM, Shiroma EJ, Lobelo F, Puska P, Blair SN, Katzmarzyk PT. Effect of physical inactivity on major non- communicable diseases worldwide: An analysis of burden of disease and life expectancy. Lancet 2012;380: 219–229.
  3. Nuria Garatachea, Helios Pareja-Galeano, Fabian Sanchis-Gomar, Alejandro Santos-Lozano, Carmen Fiuza-Luces,Marı´a Mora´n, Enzo Emanuele,Michael J. Joyner,,and Alejandro Lucia, Exercise Attenuates the Major Hallmarks of Aging Rejuvenation Research Volume 18, Number 1, 2015
  4. Pamela Hansen, Michael English, Stuart E Willick Does running cause osteoarthritis in the hip or knee https://doi.org/10.1016/j.pmrj.2012.02.011
  5. Bernard Marti, Michael Knobloch, Alois Tschopp, Armin Jucker, Hans Howald Is excessive running predictive of degenerative hip disease? Controlled study of former elite atlete BrMedJ’ 1989;299:91-3
  6. Leech RD, Edwards KL, Batt ME. Br J Sports Med Published Online First: doi:10.1136/ bjsports-2015-094749
  7. Alentorn-Geli E, Samuelsson K,Musahl V, Green C L, Bandhari M, Karlsson J The association of recreational and competitive running with knee and hip osteoarthritis: a systematic review and meta – analysis J Orthop Sports Phys Ther 2017;47(6):373-390.doi:10.2519/jospt.2017.7137
  8. van der Worp MP, ten Haaf DSM, van Cingel R, de Wijer A, Nijhuis-van der Sanden MWG, Staal JB (2015) Injuries in Runners; A Systematic Review on Risk Factors and Sex Differences. PLoS ONE 10(2): e0114937. doi:10.1371/journal.pone.0114937
  9. Scheer V and Krabak BJ (2021) Musculoskeletal Injuriesin Ultra-Endurance Running:A Scoping Review. Front. Physiol. 12:664071.doi: 10.3389/fphys.2021.664071