Esistono diverse strategie che è possibile mettere in atto per salvaguardare quanto più possibile la salute delle ossa.
Continue readingCos’è l’artroprotezione?
Insieme di strumenti terapeutici integrati, che hanno lo scopo di alleviare il dolore e mantenere le caratteristiche fisiologiche della cartilagine, dell’articolazione e del muscolo.
Continue readingNeuropatie periferiche: cosa sono e come trattarle
Gruppo di malattie del sistema nervoso periferico caratterizzate dal danneggiamento e dal malfunzionamento dei nervi periferici
Continue readingStanchezza ed astenia: quali sono le cause e come rimediare?
Il termine astenia deriva dal greco “asthenes” e significa privo di forza, debolezza.
Continue readingTrail running: come proteggere ginocchia e articolazioni
L’attività fisica è altamente raccomandata per mantenersi in salute. Le persone che praticano regolare attività fisica per un tempo uguale o superiore a 450 minuti a settimana (tre volte il tempo minimo raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità), integrando lo sforzo aerobico con esercizi per la forza muscolare, la flessibilità articolare e l’equilibrio, hanno una più lunga aspettativa di vita rispetto ai sedentari (1).
La corsa è una delle attività fisiche più praticate per migliorare la funzionalità cardiovascolare, respiratoria e muscolo scheletrica e in generale la salute. L’impatto della corsa (in tutte le sue declinazioni) sulla salute delle articolazioni degli arti inferiori è da decenni al centro di un fervente dibattito tra gli esperti. Su questo tema, una recente revisione della letteratura conclude che tra i corridori amatoriali i casi di osteoartrosi sono meno rispetto a chi gareggia (atleti professionisti o di élite o partecipanti a gare internazionali) e a chi non corre del tutto (2).
Trail runners: amatori e/o professionisti?
Chi pratica il trail running lo fa di frequente in modo amatoriale, ma va evidenziato come il concetto di pratica amatoriale si sia fortemente modificato nel corso degli ultimi anni, perchè le gare “amatoriali” sono sempre più lunghe, con Ultra Trail da 50 a oltre 100 km è più, per la preparazione delle quali i tempi di allenamento sono notevolmente aumentati. Nella realtà troviamo quindi amatori che corrono centinaia di km a settimana, portando avanti piani di allenamento sempre più vicini a quelli degli agonisti professionisti.
Le sollecitazioni nel Trail Running
Rispetto alla corsa in piano, nella pratica del trail running sono presenti maggiori sollecitazioni, perchè il peso del corpo, soprattutto in discesa, ricade sulle articolazioni – provate a saltare sulla bilancia, il vostro peso sembra aumentare! – e questo tipo di esercizio espone maggiormente a lesioni meccaniche e/o a fenomeni di usura delle ginocchia, caviglie e anche.
Non sempre, ma tali fenomeni possano degenerare in artrosi, che è un processo degenerativo a carico delle cartilagini articolari che hanno il compito di ammortizzare le sollecitazioni meccaniche che le articolazioni sopportano e di permettere lo scivolamento delle superfici ossee che mantengono un rapporto di contiguità. La mancanza di integrità delle cartilagini modifica la struttura e la funzionalità dell’intera articolazione poiché coinvolge anche ossa, muscoli e tendini.
Un nuovo concetto: artoprotezione
Al fine di prevenire fenomeni di osteoartrosi e traumi, va diffondendosi un nuovo concetto, quello di “artroprotezione”che mira a mantenere integre e forti le articolazioni, soprattutto per coloro che praticano attività ad alto impatto sulle ginocchia, come è il caso del trail running. Agendo infatti sull’integrazione di una serie di principi attivi, è possibile salvaguardare l’integrità della cartilagine e prevenire eventuali infiammazioni anche a carico del muscolo.
Si può consigliare sia a chi ha già esperienza di corsa, sia ai principianti, di dare tempo al proprio corpo di adeguarsi ai cambiamenti di “andatura” causati dai cambiamenti del tipo di corsa, di distanza, di terreno e di calzature, anche affidandosi a fisiatri e fisioterapisti che possano indicare come correggere per tempo atteggiamenti viziati causati da deficit nella flessibilità, nella forza o nel controllo motorio.
Gli infortuni muscolo scheletrici vanno trattati in modo appropriato, il peso e l’indice di massa corporea devono essere attentamente controllati e soprattutto con l’avanzare dell’età possono essere utili piani personalizzati di allenamento ed un sostegno nutrizionale con integratori alimentari specifici (condroprotettori). Alcune sostanze naturali come la glucosammina ed il condroitinsolfato, che sono alcuni dei costituenti naturali delle cartilagini articolari, si sono dimostrati sicuri ed efficaci per diminuire la sintomatologia associata all’artrosi e per mitigare l’effetto dello stress meccanico sulle articolazioni.
I principi attivi del Condronil Forte
Condronil Forte rappresenta un utile e funzionale integratore, perchè contiene innumerevoli principi attivi, il mix dei quali può essere utile per la prevenzione. Eccoli nei dettagli:
La Glucosamina ed il Condroitinsolfato sono sostanze naturali che si trovano nella cartilagine sana delle articolazioni. La Glucosamina solfato svolge un ruolo primario per la produzione dei glicosamminoglicani (GAG), che hanno la capacità di conferire alla cartilagine proprietà ammortizzanti e svolgono funzioni lubrificanti all’interno della membrana sinoviale. (3)
L’acido ialuronico è una sostanza viscoelastica che trattiene l’acqua migliorando la lubrificazione e riducendo l’attrito all’interno dell’articolazione.
Il collagene è un componente fondamentale delle articolazioni sinoviali, conferisce forma, resistenza ed elasticità alla struttura cartilaginea.(4) In particolare, all’interno di Condronil® FORTE, troviamo il BioCell Collagen®, ingrediente è ottenuto attraverso un processo brevettato che assicura la biodisponibilità dei nutrienti in esso contenuti.
La Bromelina è un enzima modulatore con spiccata attività antiedemigena ed antinfiammatoria, coadiuva alla riduzione della sintomatologia associata ai processi flogistici.(5)
La Carnitina e la Vitamina D sono sostanze naturali che aumentano la massa e l’efficienza muscolare. In particolare, la Carnitina aumenta la disponibilità energetica per il muscolo e promuove l’eliminazione dei cataboliti tra cui l’acido lattico.(6) La vitamina D aumenta in maniera diretta e indiretta lo sviluppo e la funzionalità muscolare attivando i geni che promuovono l’espressione delle proteine contrattili aumentando il volume del muscolo e regolando i livelli di Calcio nelle cellule muscolari promuovendone la contrattilità.(7)
Articolo pubblicato da: https://www.discoveryalps.it/trail-running-come-proteggere-ginocchia-e-articolazioni/
4. Bibliografia
Moore SC, Patel AV, Matthews CE, Berrington de Gonzalez A, Park Y, Katki HA, Linet MS, Weiderpass E, Visvanathan K, Helzlsouer KJ, Thun M, Gapstur SM,Hartge P, Lee IM. Leisure time physical activity of moderate to vigorous intensity and mortality: A large pooled cohort analysis. PLoS Med 2012;9:e1001335.
Alentorn-Geli E, Samuelsson K,Musahl V, Green C L, Bandhari M, Karlsson J The association of recreational and competitive running with knee and hip osteoarthritis: a systematic review and meta – analysis J Orthop Sports Phys Ther 2017;47(6):373-390. doi:10.2519/jospt.2017.7137
Itano N, Kimata K. Mammalian Hyaluronan Synthases. IUBMB Life (2002) 54:195
Cutcliffe HC, De Frate LE. Comparison of Cartilage Mechanical Properties Measured During Creep and Recovery. Scientific Report (2020) 10:1547.
Pavan R, et al. Properties and therapeutic application of Bromelain. A review. Biotechnol. Res. Int. (2012) Article ID 976203.
Stoppoloni D, Politi L, Dalla Vedova P, Messano M, Koverech A, Scandurra R, Scotto d’Abusco A. L-carnitine enhances extracellular matrix synthesis in human primary chondrocytes. Rheumatol Int. (2013) 33:2399-403.
Montenegro KR, et al. Mechanism of vitamin D action in skeletal muscle. Nutr. Res. Rev. (2019) 32:192
Aria condizionata per combattere il caldo? Attenzione alle cervicalgie!
1. Cosa sono le cervicalgie
La cervicalgia consiste in un dolore localizzato al collo, prevalentemente sulla parte posteriore, che si può irradiare lungo la muscolatura della colonna dorsale e delle spalle e, nei casi più gravi, anche lungo le braccia.
Un gran numero di persone, solitamente, lamenta dolori al collo che altro non sono che cervicalgie. Gran parte di questi dolori sono causati da posizioni scorrette che si assumono durante il lavoro o durante le ore notturne o ancora alla guida o in ultimo sono conseguenze di incidenti che hanno alterato la delicata struttura della colonna vertebrale.
La cervicalgia si sviluppa a causa di uno stress meccanico, esagerato e non corretto, che si ripercuote a livello delle vertebre, dei dischi intervertebrali, dei legamenti e dei muscoli. Lo stress può avvenire in maniera brusca ed improvvisa, ed un esempio può essere rappresentato dal colpo di frusta, o può essere dovuto a dei sovraccarichi articolari prolungati nel tempo, ad esempio una postura non corretta.
Esistono anche altre cause che possono scatenare le cervicalgie come ad esempio processi degenerativi, possibili ernie discali mentre raramente le cause sono riconducibili a problematiche infettive, tumorali, neurologiche o reumatologiche.
I principali sintomi legati a questa patologia sono dolore a livello della testa, ma anche tensione e/o contrattura muscolare che può irradiarsi fino alle spalle e rigidità del capo nei movimenti di rotazione. In ultimo può manifestarsi con il cosiddetto mal di testa o addirittura accentuare gli episodi di cefalee in chi già ne soffre.
2. L'aria condizionata e le cervicalgie
La cervicalgia è una delle condizioni che accomuna due italiani su tre e si nota un peggioramento soprattutto nel periodo estivo. Ciò è dovuto principalmente all’uso dell’aria condizionata.
In realtà la vera causa scatenante di questa patologia è rappresentata del passaggio da temperature molto alte, spesso caratterizzanti le estati italiane, a temperature abbastanza basse. Lo sbalzo termico infatti determina un’involontaria e ripetuta contrazione muscolare che risulta, quindi, in una maggiore attività del muscolo e se ciò si verifica in persone che già di base sono affette da cervicalgia, soprattutto non ben trattata, la possibilità che questa possa accentuarsi nuovamente è molto alta. In alcuni casi il dolore alla cervicale può addirittura arrivare ad espandersi provocando affaticamento della vista, nausea e vertigini.
Da tutto ciò si può evincere che la maggior percentuale di cervicalgie nel periodo estivo sono, semplicemente, una riacutizzazione di un problema già esistente.
3. Trattamenti
Il principale trattamento delle cervicalgie è come sempre la prevenzione, per cui è molto importante attuare piccoli accorgimenti che permettono di prevenire l’insorgenza del dolore, ad esempio assumendo posizioni corrette, effettuando massaggi al collo ed esercizi di stretching, evitando di esporsi direttamente al getto d’aria condizionata.
Esistono anche rimedi da poter attuare nel momento in cui si verifica la riacutizzazione della cervicalgia, questi possono essere rimedi naturali o farmacologici.
Ovviamente tra i rimedi farmacologici di prima scelta ci sono gli antinfiammatori non steroidei (FANS), i quali agiscono riducendo l’infiammazione ed il dolore, ma si può dover ricorrere anche all’utilizzo di farmaci miorilassanti o corticosteroidi. Le terapie appena elencate vanno ad agire unicamente sul sintomo ma non sulla causa del problema.
Oltre alle terapie farmacologiche è possibile far ricorso anche a rimedi naturali. Ad esempio si possono utilizzare tisane o estratti (camomilla, tiglio, melissa ecc) che vadano ad agire sullo stress, che come detto è tra i principali fattori che portano all’insorgenza delle cervicalgie.
Un altro possibile espediente potrebbe essere l’applicazione di unguenti e/o creme a base di piante con proprietà benefiche, antinfiammatorie e/o antidolorifiche, a livello della zona dolente. Un esempio tra tutti può essere rappresentato dalla capsaicina, principio attivo del peperoncino. Quest’ultimo è caratterizzato da proprietà antibatteriche, antidolorifiche e soprattutto revulsivanti, cioè è in grado di sviluppare un calore profondo utile ad esplicare un’azione miorilassante e decontratturante.
4. Bibliografia
- Physical risk factors for developing non-specific neck pain in office workers: a systematic review and meta-analysis. Deokhoon Jun, Michaleff Zoe, Venerina Johnston, Shaun O’Leary. Int Arch Occup Environ Health. 2017 Jul;90(5):373-410.
- Identifying risk factors for first-episode neck pain: A systematic review. Rebecca Kim, Colin Wiest, Kelly Clark, Chad Cook, Maggie Horn. Musculoskelet Sci Pract. 2018 Feb;33:77-83.
- Review of the effectiveness of capsaicin for painful cutaneous disorders and neural dysfunction. M Hautkappe, M F Roizen, A Toledano, S Roth, J A Jeffries, A M Ostermeier. Clin J Pain. 1998 Jun;14(2):97-106.
Insufficienza Venosa Cronica: cos’è e quali sono i rimedi?
1. Cos'è l'Insufficienza Venosa Cronica
L’insufficienza venosa cronica (IVC) è una condizione patologica causata da un difficile ritorno venoso del sangue dalle zone periferiche dell’organismo verso il cuore. Si tratta di un disturbo della circolazione sanguigna e nella maggior parte dei casi si parla di insufficienza venosa degli arti inferiori dato che ad essere coinvolta è soprattutto la circolazione venosa che parte dagli stessi.
Il ritorno venoso ottimale è legato principalmente al movimento di deambulazione ed al buon funzionamento valvolare, questo perché le pareti delle vene non sono dotate di tessuto muscolare e di conseguenza una muscolatura dei polpacci sviluppata stabilizza le vene e garantisce il funzionamento della pompa venosa. Come detto però è molto importante che anche le valvole funzionino bene in modo tale che il sangue pompato verso l’alto dalla contrazione dei muscoli non torni indietro. Se si verificano casi in cui ad esempio le vene si ostruiscono per trombosi, oppure le valvole non funzionano più o il movimento di deambulazione è nullo, scarso o deficitario per diversi motivi, allora si creano le condizioni per l’insufficienza venosa cronica che può avere diversi sintomi e vari stadi di gravità.
2. Cause e sintomi
L’insufficienza venosa cronica è una patologia che colpisce principalmente le donne, infatti due delle cause più frequenti che ne causano l’insorgenza sono la gravidanza e l’uso precoce della pillola anticoncezionale, anche se negli ultimi anni si sta riscontrando un aumento di problemi circolatori anche negli uomini.
Tra le principali cause troviamo le gravidanze, l’uso di estroprogestinici, obesità, stipsi, vita sedentaria, abbigliamento non idoneo ad esempio perché molto stretto all’inguine, alimentazione inadeguata.
L’IVC inoltre può essere classificata in insufficienza venosa cronica organica se causata da un’alterazione delle vene, solitamente dilatazione delle pareti delle vene, oppure in insufficienza venosa funzionale se determinata da un’iperattività delle vene, ad esempio un sovraccarico di lavoro delle stesse.
I sintomi che solitamente contraddistinguono l’insorgenza dell’insufficienza venosa cronica sono gonfiore diffuso, sensazione di stanchezza e pesantezza delle gambe, formicolii, prurito ma anche dolore e crampi che sopraggiungono in particolar modo di notte. A tali sintomi soggettivi si possono associare delle forme manifeste che hanno delle ripercussioni anche dal punto di vista estetico come edema, flebodinia e varici.
Un’altra particolarità dell’IVC è che i sintomi tendono a manifestarsi in particolar modo nei mesi estivi, questo perché il caldo provoca vasodilatazione che determina un aumentato ristagno del sangue e quindi una maggiore pressione esercitata sulle pareti delle vene. In queste condizioni si possono verificare infiammazioni che possono portare alla rottura delle pareti dei vasi.
Leggi anche:
Gambe gonfie e pesanti in estate: i rimedi per alleviare questi disturbi
3. Diagnosi e terapie
La diagnosi di IVC avviene attraverso una completa valutazione del quadro e della storia clinica del paziente. Successivamente può essere eseguito l’ecocolordoppler, un esame ecografico indolore e non invasivo, che valuta la morfologia e la funzionalità delle vene degli arti inferiori. Attraverso l’ecografia, i medici possono determinare la presenza e la direzione del flusso sanguigno nelle vene, rilevare qualsiasi reflusso o ostruzione di flusso sanguigno e soprattutto escludere la presenza di trombosi venosa cronica. Per una corretta definizione della patologia, le linee guida internazionali raccomandano l’uso della classificazione CEAP, che permette di valutare la patologia con precisione, obiettività e accuratezza sulla base di 4 parametri:
- Clinica
- Eziologia
- Anatomia
- Patogenesi
Per quanto riguarda la terapia è possibile distinguerla in non farmacologica e farmacologica. Gli scopi primari della terapia non farmacologica sono mitigare la sintomatologia soggettiva ed esercitare un effetto preventivo delle complicanze. Per far ciò si adottano delle misure generali come il controllo del peso, evitare la sauna e i bagni di sole, camminare e stare sdraiati con gli arti sollevati rispetto al corpo, in ultimo effettuare esercizi motori dei piedi per evitare una riduzione della mobilità della caviglia. A tali misure si associa una terapia compressiva che consiste in una pressione esercitata sull’arto compromesso da materiali di varia estensibilità.
La terapia farmacologica invece consiste nell’uso di farmaci ad azione
- vasocostrittrice per migliorare il reflusso,
- vasoprotettrice per ridurre le fragilità capillare,
- anti-infiammatoria,
- anti-edemigena.
Una famiglia di principi attivi molto utilizzati nella terapia farmacologica è rappresentata dai flavonoidi, una classe di antiossidanti, vegetali o di sintesi, utili per ridurre i processi infiammatori e per promuovere un flusso sanguigno efficiente. Esempi di flavonoidi utilizzati sono l’esperidina, la diosmina, il rutoside, l’oxerutina.
Un’altra molecola molto utilizzata, e studiata, è l’escina nota per avere effetti antinfiammatori e antiedematosi. Dati ottenuti da studi recenti confermano le proprietà antinfiammatorie dell’escina nel ridurre la permeabilità vascolare nei tessuti infiammati, inibendo così la formazione di edema.
L’effetto farmacologico della vitis vinifera è attribuito soprattutto al suo contenuto in flavonoli, anche se è l’estratto nel suo insieme ad essere considerato il principio attivo. È stato dimostrato che la sua assunzione giornaliera riduce significativamente l’edema e la circonferenza della gamba migliorando i sintomi chiave correlati all’insufficienza venosa cronica.
4. Bibliografia
- Berti-Hearn, Linda, Elliott, Brenda. Chronic venous insufficiency. A review for nurses. Nursing: December 2019 – Volume 49 – Issue 12 – p 24-30;
- Bettina Santler , Tobias Goerge. Chronic venous insufficiency – a review of pathophysiology, diagnosis, and treatment. Journal of German Society of Dermatology. 2017 May;15(5):538-556. doi: 10.1111/ddg.13242;
- Therapeutic potential of natural compounds in inflammation and chronic venous insufficiency European Journal of Medicinal Chemistry Volume 17615 August 2019Pages 68-91.
- Red vine leaf extract (AS 195) can improve some signs and symptoms of chronic venous insufficiency, a systematic review. Phytother Res. 2020 Apr 21.
- The Role of Endothelial Dysfunction and Inflammation in Chronic Venous Disease. Annals of Vascular SurgeryVolume 46January 2018Pages 380-393.
- Escin: a review of its anti-edematous, anti-inflammatory, and venotonic properties. Drug Des Devel Ther. 2019 Sep 27;13:3425-3437.
- Efficacy and Tolerability of a Red-vine-leaf Extract in Patients Suffering from Chronic Venous Insufficiency – Results of a Double-blind Placebo-controlled Study European Journal of Vascular and Endovascular SurgeryVolume 41, Issue 4April 2011Pages 540-547
Collagene: cos’è e a cosa serve?
1. Cos'è il collagene?
Il collagene è la principale proteina del tessuto connettivo negli animali, è la proteina più abbondante nei mammiferi e nell’uomo rappresenta circa il 6% del peso corporeo totale e il 25% della massa proteica. Questa proteina ha una funzione strutturale all’interno del nostro organismo, ad esempio ossa e denti sono costituiti da cristalli minerali che si vanno ad aggiungere proprio al collagene, o ancora forma dei cavi molecolari che vanno a rinforzare i tendini oppure forma dei fogli grandi ed elastici che sostengono la pelle e gli organi interni. Tuttavia, è importante aver chiaro che pur avendo delle funzioni strutturali imprescindibili all’interno del nostro organismo la sua struttura è relativamente semplice, infatti è composto da tre catene che si avvolgono l’un l’altra dando origine ad una tripla catena compatta.
Durante il corso della nostra vita la produzione di collagene non termina mai, questa proteina si rinnova continuamente perché la sua presenza nell’organismo è fondamentale; tuttavia, con il passare del tempo tale processo rallenta a causa dell’invecchiamento.
2. Biosintesi e tipi di collagene
Come detto pocanzi il collagene fa parte del tessuto connettivo ed è particolarmente concentrato nella pelle, nelle ossa, nei tendini, nei denti, nella cartilagine, nelle membrane e nei vasi sanguigni.
Esistono diversi tipi di collagene, ma i principali sono 4:
- Collagene di tipo I è quello più comune ed abbondante nel corpo umano. È concentrato nella pelle ma che nelle ossa, nei tendini e nei denti.
- Collagene di tipo II è concentrato a livello delle articolazioni.
- Collagene di tipo III ha una funzione di supporto per i muscoli, gli organi e le arterie.
- Collagene di tipo IV è concentrato nell’epidermide, lo strato più profondo della pelle ed il suo ruolo è prevalentemente di sostegno.
La biosintesi del collagene avviene, a seconda del tessuto, in diversi tipi cellulari, ad esempio nei fibroblasti, per quel che riguarda il tessuto connettivo, e negli osteoblasti, per quel che riguarda le ossa. Come detto è costituito da 3 catene proteiche legate tra loro a formare una tripla elica e gli amminoacidi che principalmente compongono tale catena sono glicina, prolina, idrossiprolina.
3. Integrazione di collagene
Intorno ai 25/30 anni di età la quantità di collagene che il nostro corpo riesce a produrre inizia a diminuire gradualmente. In realtà non è da imputare unicamente all’età la diminuzione di produzione di collagene, questa può essere inficiata anche da altri fattori come stress, fumo di sigaretta, dieta povera di nutrienti e vitamine ed eccessiva esposizione al sole. Davanti a tale situazione si rende dunque necessario integrare il collagene o mediante l’alimentazione o mediante nutraceutici.
Il modo più semplice per contribuire a mantenere alto il livello di collagene è tramite un’alimentazione sana e variata. Tra i cibi che contengono grandi quantità di collagene si annoverano il pollo ed il pesce mentre altri cibi sono in grado di stimolarne la produzione come ad esempio la frutta ricca di vitamina C come gli agrumi, l’ananas, il kiwi, o i cibi a foglia verde come spinaci e bietole. Risulta molto importante anche l’assunzione di cibi quali uova, fave, lenticchie, carne e formaggi in quanto ricchi in lisina, un amminoacido essenziale, che non viene prodotto dall’organismo umano ma che è importante per la produzione di collagene, motivo per cui lo dobbiamo assumere mediante l’alimentazione.
In caso di aumentato fabbisogno è possibile contribuire a mantenere alto il livello di collagene attraverso l’assunzione di nutraceutici.
In questo caso però la proteina di collagene, date le sue grandi dimensioni, è presente in forme idrolizzata, cioè parzialmente digerita, in modo tale da renderla più digeribile e da aumentarne la velocità di assorbimento. Il collagene utilizzato nei nutraceutici viene ricavato prevalentemente dai tessuti connettivi degli animali, dalle ossa e dalla pelle, dove il collagene è presente in maggiore concentrazione.
Integratori costituiti da collagene idrolizzato di tipo II sono ad esempio utilizzati per combattere l’artrosi (osteoartrite). Quest’ultima è una patologia cronica, degenerativa, caratterizzata dalla progressiva usura della cartilagine articolare. Solitamente comporta nel tempo l’insorgenza di infiammazione e dolore, rigidità e ridotta funzionalità dell’articolazione colpita. Lo scopo dell’integrazione di collagene di tipo II in questo caso è quello di rallentare la progressione della patologia stimolando in parte la produzione di collagene.
4. Bibliografia
- Structure, physiology, and biochemistry of collagens. Michael J Mienaltowski 1, David E Birk Adv Exp Med Biol. 2014;802:5-29.
- Biological effect of hydrolyzed collagen on bone metabolism Audrey Daneault , Janne Prawitt , Véronique Fabien Soulé , Véronique Coxam , Yohann Wittrant Crit Rev Food Sci Nutr. 2017 Jun 13;57(9):1922-1937.
- A double-blind, placebo-controlled, randomised, clinical study on the effectiveness of collagen peptide on osteoarthritis. Kumar S, Sugihara F, Suzuki K, Inoue N, Venkateswarathirukumara S. J Sci Food Agric. 2015 Mar 15;95(4):702-7
Silicio: una nuova opportunità per la salute
1. Cos'è il silicio?
Il silicio è un elemento chimico della tavola periodica, è il secondo elemento per abbondanza nella crosta terrestre dopo l’ossigeno ed è il costituente più importante del mondo inorganico.
È importante distinguere la forma inorganica da quella organica, la prima forma infatti è presente in natura, mentre la seconda si trova nell’organismo umano e può essere integrata. Ha importanti proprietà fisiche, ad esempio è un semiconduttore, e per tale motivo viene utilizzato in varie applicazioni tecniche e scientifiche.
Proprio questa caratteristica, in associazione con la sua complessità strutturale, ha sempre attratto molti i ricercatori. Il silicio può presentarsi sotto diverse forme chimiche, ma quella che sembra giocare un ruolo cruciale negli organismi viventi è l’Acido Ortosilicico (OSA).
2. Il silicio nell'uomo ed i suoi benefici
Il silicio apporta numerosi benefici sia negli alimenti che nelle piante, questi infatti assorbono tale molecola, in grosse quantità, dal suolo.
Tale molecola sembra rivestire un ruolo importante anche nell’essere umano, dove interviene in diversi processi fisiologici che lo vedono coinvolto su più fronti, ad esempio nella salute delle ossa e della pelle, nel rafforzare le unghie ed i capelli ma anche il sistema immunitario.
Il silicio è presente all’interno del nostro organismo fin dalla nascita, purtroppo le sue concentrazioni diminuiscono con l’aumentare dell’età e tale condizione lo correlerebbe direttamente ai processi di invecchiamento. Una modalità per poter introdurre questa molecola è rappresentata dall’alimentazione, tuttavia spesso sorge il problema della sua bassa capacità ad essere assorbito.
3. Silicio: alimentazione ed integrazione
Gli alimenti rappresentano una naturale sorgente di silicio, questo si trova in cibi come la barbabietola, l’avena, l’orzo, la soia, i cereali integrali, la borragine e l’ortica. Il consumo di silicio varia molto a seconda dell’etnia di appartenenza, infatti è stato osservato che europei e nord americani assumono mediante l’alimentazione molto meno silicio se paragonati ad indiani e cinesi. Ciò è dovuto alla diversa alimentazione di questi popoli, i secondi infatti assumono quotidianamente molti più frutta e verdura.
Nel 2004 l’EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ha stabilito, dati i risultati ottenuti dalle ricerche scientifiche, che il livello di assunzione del silicio può variare tra i 20 ed i 50 milligrammi al giorno ed è stato stabilito che il livello massimo di sicurezza è rappresentato dai 700 milligrammi al giorno per gli adulti. Tali quantità non causano effetti indesiderati.
Come detto pocanzi un grosso problema del silicio presente negli alimenti è rappresentato dalla sua bassa capacità di essere assorbito. Per far fronte a tale situazione una soluzione è rappresentata dall’assunzione di integratori a base di silicio. In realtà anche nel mondo della nutraceutica sorge il problema della capacità di assorbimento di questo importantissimo elemento, in quanto ad alte concentrazioni le singole particelle di silicio, chiamate monomeri, tendono ad aggregarsi formando delle strutture chiamate polimeri che non vengono facilmente assorbite, motivo per cui in realtà eliminiamo gran parte del silicio introdotto.
Una soluzione per ovviare a questo particolare problema di assorbimento si è trovata cercando di stabilizzare i singoli monomeri di silicio, legandolo con delle molecole di vanillina, in modo tale da renderlo più disponibile all’assorbimento.
È stato creato e brevettato in tal modo il silicio bioattivato, una particolare forma di silicio complessata con la vanillina, che ha lo scopo di aggirare la difficoltà di assorbimento a cui si va in contro quando si è in presenza di alte concentrazioni di silicio.
L’importanza dell’integrazione del silicio è rappresentata dalle diverse aree terapeutiche in cui tali nutraceutici posso essere utilizzati.
4. Benefici del silicio
Il silicio stimola la sintesi del collagene, dell’elastina e di altre molecole associate alla produzione di matrice extracellulare, risulta quindi cruciale per il benessere ed il ripristino delle normali condizioni dei tessuti connettivi (cartilagine, tendini, legamenti) e della pelle e delle ossa. Di seguito è riportato un piccolo approfondimento in merito al ruolo del silicio nelle ossa e nella pelle.
- Ossa
Esistono diversi studi in letteratura che attestano il coinvolgimento del silicio nel fisiologico mantenimento del metabolismo osseo. Studi in vivo ed in vitro riportano come il consumo di silicio mediante la dieta e/o l’integrazione abbia effetti benefici per la salute delle ossa, giocando un ruolo importante nell’omeostasi e nella rigenerazione ossea e rappresentando in tal modo un elemento cruciale per il trattamento e la prevenzione delle patologie ossee come ad esempio l’osteoporosi. La caratteristica fondamentale del silicio è rappresentata dal suo coinvolgimento in tutte le fasi del rimodellamento osseo (formazione, mineralizzazione e riassorbimento). - Pelle
Il silicio si è rivelato un elemento essenziale per la salute della pelle, dei capelli e delle unghie. Anche in questo caso esiste un’ampia letteratura a supporto di tale ruolo. La capacità del silicio di stimolare la produzione di collagene ed elastina fa sì che quest’ultimo abbia un ruolo importante nel mantenere intatta l’elasticità dei tessuti.
Questo elemento è in grado di attraversare i tessuti ed arrivare in profondità, dove stimola i fibroblasti ed in tal modo esplica la caratteristica proprietà restitutiva sulle fibre del derma.
Non solo, il silicio è noto per avere anche proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e cicatrizzanti e tutto ciò a livello pratico determina un suo coinvolgimento nel facilitare le cicatrizzazioni in caso di ferite o ancora un ruolo nel ridurre l’infiammazione che si scatena in caso di punture da insetti o da eritemi solari.
5. Bibliografia
• Jurkic L.M., Capanec I., Pavelic S.K., Pavelic K. Biological and therapeutic effects of ortho-silicic acid and some ortho-silicic acid-releasing compounds: New perspectives for therapy. Nutr Metabolism 2013; 10:2
• Ravin Jugdaohsingh, Simon HC Anderson, Katherine L Tucker, Hazel Elliott, Douglas P Kiel, Richard PH Thompson, and Jonathan J Powell. Dietary silicon intake and absorption Am J Clin Nutr 2002; 75:887–93
• Marcowycz A., Housez B., Maudet C., Cazaubiel M., Rinaldi G., Croizet K. Digestive absorption of silicon, supplemented as orthosilicic acid-vanillin complex. Mol. Nutr. Food Res. 2015, 59,1584-1589
• Anna Sadowska and Franciszek Swiderski Sourses, bioavailability, and safety of silicon derived from foods and other sources added for nutritional purposes in food supplements and functional foods. Appl. Sci, 2020, 10, 6255
• Rondanelli M, Faliva MA, Peroni G, Gasparri C, Perna S, Riva A, Petrangolini G, Tartara A. Silicon: A neglected micronutrient essential for bone health. Exp Biol Med (Maywood). 2021 Jul;246(13):1500-1511.
• A B G Lansdown , A Williams A prospective analysis of the role of silicon in wound care J Wound Care 2007 Oct;16(9): 404-7.
Cos’è la nutraceutica?
1. Il cibo, cura e nutrimento: breve storia
Le antiche civiltà erano in grado di utilizzare gli alimenti come medicine sia a scopo terapeutico che come strumento di prevenzione di diverse malattie. Un esempio di questo utilizzo lo ritroviamo nella medicina ayurveda, una antica medicina tradizionale indiana vecchia di cinquemila anni, in grado di utilizzare i benefici del cibo a scopi terapeutici.
Ippocrate, il padre della moderna medicina occidentale, citava:
“Lasciate che il cibo sia la vostra medicina e la vostra medicina sia il cibo”
Nel corso degli anni 80, dello scorso secolo, in Giappone furono gettate le basi per lo sviluppo della moderna nutraceutica. Nel 1989, infatti, Stephen De Felice, studioso americano, creò il termine NUTRACEUTICA dall’unione di due parole: Nutrizione e Farmaceutica. Con esso voleva definire l’uso dei nutrienti che si trovavano negli alimenti nel campo farmaceutico. Tutto ciò era possibile grazie al contemporaneo sviluppo della tecnologia.
2. La nutraceutica
La nutraceutica è una scienza che studia gli estratti di piante, animali, minerali e microrganismi accomunati da una funzione benefica sulla salute dell’uomo. Nello specifico questa scienza indaga i componenti e/o i principi attivi degli alimenti che hanno effetti positivi sulla salute e sulla prevenzione e il trattamento delle malattie.
Per estensione il concetto di nutraceutico si è sviluppato anche nell’industria alimentare, dove nutrienti di sintesi chimica sono stati introdotti nella fabbricazione alimentare, dando origine ai cosiddetti “cibi funzionali”, tra cui un esempio è il latte arricchito di vitamina D.
Nel campo farmaceutico, il nutraceutico è un composto di sostanze estratte dalla natura o di sintesi chimica che compongono la formulazione del prodotto con una sinergia d’azione secondo lo scopo ricercato sulla salute.
Con la nutraceutica si vuole poter beneficiare dei principi attivi presenti naturalmente negli alimenti senza dover mangiare tutti i giorni, in grosse quantità, lo stesso cibo pur di assumere un determinato principio attivo. Ad esempio, per poter introdurre il giusto apporto giornaliero di ferro dovremmo mangiare un quantitativo elevato di spinaci. In merito a questo, recenti studi hanno confermato che spesso i nutrienti che fanno bene al nostro organismo non si trovano negli alimenti in quantità sufficienti da ottenere effetti benefici sulla salute, da qui l’importanza della nutraceutica e dell’assunzione dei nutraceutici.
3. I nutraceutici
Il Dottore De Felice diede anche una definizione di nutraceutico: “alimento (o parte di esso) in grado di apportare benefici medici o sanitari, inclusa la prevenzione e/o trattamento di malattie”.
Per poter parlare di nutraceutico è molto importante non solo che il o i principi attivi presenti al suo interno siano derivati da alimenti, ma anche che tali principi apportino uno o più benefici aggiuntivi, come ad esempio migliorare la salute, prevenire malattie croniche, ritardare il processo di invecchiamento favorendo in questo modo la longevità.
Due sono gli aspetti importanti quando si assume un nutraceutico, il dosaggio e il tempo. Per dosaggio si intende il dosaggio del principio attivo che deve essere tale da poter garantire l’efficacia del nutraceutico, mentre per il tempo si intende il tempo necessario che intercorre tra l’inizio dell’assunzione del nutraceutico ed il momento in cui si iniziano a vedere gli effetti benefici dello stesso.
I nutraceutici sono disciplinati da regolamenti europei (Regolamento 432/2012) nei quali vengono stabilite le quantità minime da utilizzare all’interno dei prodotti al fine di ottenere dei benefici per la salute psico-fisica. Inoltre sempre in questi regolamenti vengono specificati i claims utilizzabili, cioè le frasi specifiche da poter riportare sull’etichetta affinchè questa rispetti la norma di legge.
4. Nutraceutico e farmaco
Il mondo dei nutraceutici ed il mondo dei farmaci presentano alcune affinità e profonde diversità.
Il nutraceutico si può ritenere simile al farmaco perché come quest’ultimo è necessario conoscere l’indicazione per la gestione del problema specifico, motivo per cui si deve conoscere come il principio attivo funziona e a che dose deve essere assunto per poter avere degli effetti.
Tuttavia, come detto, esistono anche delle profonde diversità tra i due mondi soprattutto in merito all’origine dei principi attivi. I prodotti nutraceutici sono di origine naturale, ciò fa si che questi possano avere un elevato profilo di sicurezza e tollerabilità permettendo di conseguenza prolungate assunzioni senza alcun tipo di problema.
5. Campi d'azione dei nutraceutici
I nutraceutici racchiudono in loro svariati campi d’azione, ciò dipende dalle diverse molecole che possono essere utilizzate nell’ambito di diverse patologie, anche croniche.
Ad esempio nell’ambito osteoarticolare per poter proteggere le articolazioni, effettuando prevenzione, o cercare di rallentare il più la progressione dell’osteoartrite possono essere utilizzati i cosiddetti condroprotettori.
Il dolore neuropatico, soprattutto quello periferico, è un altro campo in cui l’utilizzo di determinate molecole danno vita ai cosidetti neurotrofici, il cui scopo è quello di agire sul dolore ma soprattutto quello di agire sul trofismo del nervo.
Questi sono solo due della miriade di campi in cui si possono utilizzare prodotti nutraceutici, ad essi si affiancano flebotonici per la terapia dell’insufficenza venosa, energizzanti per la stanchezza fisica e mentale, immunostimolanti capaci di stimolare le difese immunitarie e molti altri ancora.
6. Il futuro della nutraceutica
L’interesse nei confronti della nutraceutica è sempre più importante, ciò forse è da imputare alla volontà dei popoli occidentali, sempre più longevi, di poter prolungare il loro stato di benessere riducendo lo stato di malattia e di conseguenza riducendo il tempo di esposizione alle terapie farmacologiche tradizionali.
La nutraceutica può fornire un valido supporto nella gestione dei più frequenti disturbi quotidiani di intensità lieve-moderata, che comunque causano disagi nello svolgimento della vita giornaliera, ma può essere utilizzata, in taluni casi, anche nel trattamento di patologie di intensità moderato-severa se intesa nell’ottica di un approccio multimodale, cioè se inserita all’interno di un vero e proprio protocollo terapeutico che prevede l’utilizzo concomitante di farmaci e nutraceutici.
È di fondamentale importanza però divulgare un approccio nutraceutico che non può essere inteso solo come l’assunzione “one shot”, cioè in un’unica soluzione, ma richiede trattamenti di media- lunga durata, anche in cronico, con l’idea che come per il farmaco una maggiore aderenza e persistenza al trattamento portano ad una maggiore efficacia della stessa.
• Stephen L. DeFelice, The NutraCeutical Revolution: Fueling a Powerful, New International
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• REGOLAMENTO (UE) N. 432/2012 DELLA COMMISSIONE del 16 maggio 2012 relativo alla compilazione di un elenco di indicazioni sulla salute consentite sui prodotti alimentari, diverse da quelle facenti riferimento alla riduzione dei rischi di malattia e allo sviluppo e alla salute dei bambini, su trovanorme.salute.gov.it.^ Robert E. C Wildman, Handbook of Nutraceuticals and
• Functional Foods, 1ª ed., CRC Series in Modern Nutrition, 2001, ISBN 0-8493-8734
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