Aria condizionata per combattere il caldo? Attenzione alle cervicalgie!

1. Cosa sono le cervicalgie

La cervicalgia consiste in un dolore localizzato al collo, prevalentemente sulla parte posteriore, che si può irradiare lungo la muscolatura della colonna dorsale e delle spalle e, nei casi più gravi, anche lungo le braccia.
Un gran numero di persone, solitamente, lamenta dolori al collo che altro non sono che cervicalgie. Gran parte di questi dolori sono causati da posizioni scorrette che si assumono durante il lavoro o durante le ore notturne o ancora alla guida o in ultimo sono conseguenze di incidenti che hanno alterato la delicata struttura della colonna vertebrale.

La cervicalgia si sviluppa a causa di uno stress meccanico, esagerato e non corretto, che si ripercuote a livello delle vertebre, dei dischi intervertebrali, dei legamenti e dei muscoli. Lo stress può avvenire in maniera brusca ed improvvisa, ed un esempio può essere rappresentato dal colpo di frusta, o può essere dovuto a dei sovraccarichi articolari prolungati nel tempo, ad esempio una postura non corretta.

Esistono anche altre cause che possono scatenare le cervicalgie come ad esempio processi degenerativi, possibili ernie discali mentre raramente le cause sono riconducibili a problematiche infettive, tumorali, neurologiche o reumatologiche.
I principali sintomi legati a questa patologia sono dolore a livello della testa, ma anche tensione e/o contrattura muscolare che può irradiarsi fino alle spalle e rigidità del capo nei movimenti di rotazione. In ultimo può manifestarsi con il cosiddetto mal di testa o addirittura accentuare gli episodi di cefalee in chi già ne soffre.

2. L'aria condizionata e le cervicalgie

La cervicalgia è una delle condizioni che accomuna due italiani su tre e si nota un peggioramento soprattutto nel periodo estivo. Ciò è dovuto principalmente all’uso dell’aria condizionata.

In realtà la vera causa scatenante di questa patologia è rappresentata del passaggio da temperature molto alte, spesso caratterizzanti le estati italiane, a temperature abbastanza basse. Lo sbalzo termico infatti determina un’involontaria e ripetuta contrazione muscolare che risulta, quindi, in una maggiore attività del muscolo e se ciò si verifica in persone che già di base sono affette da cervicalgia, soprattutto non ben trattata, la possibilità che questa possa accentuarsi nuovamente è molto alta. In alcuni casi il dolore alla cervicale può addirittura arrivare ad espandersi provocando affaticamento della vista, nausea e vertigini.

Da tutto ciò si può evincere che la maggior percentuale di cervicalgie nel periodo estivo sono, semplicemente, una riacutizzazione di un problema già esistente.

3. Trattamenti

Il principale trattamento delle cervicalgie è come sempre la prevenzione, per cui è molto importante attuare piccoli accorgimenti che permettono di prevenire l’insorgenza del dolore, ad esempio assumendo posizioni corrette, effettuando massaggi al collo ed esercizi di stretching, evitando di esporsi direttamente al getto d’aria condizionata.
Esistono anche rimedi da poter attuare nel momento in cui si verifica la riacutizzazione della cervicalgia, questi possono essere rimedi naturali o farmacologici.

Ovviamente tra i rimedi farmacologici di prima scelta ci sono gli antinfiammatori non steroidei (FANS), i quali agiscono riducendo l’infiammazione ed il dolore, ma si può dover ricorrere anche all’utilizzo di farmaci miorilassanti o corticosteroidi. Le terapie appena elencate vanno ad agire unicamente sul sintomo ma non sulla causa del problema.

Oltre alle terapie farmacologiche è possibile far ricorso anche a rimedi naturali. Ad esempio si possono utilizzare tisane o estratti (camomilla, tiglio, melissa ecc) che vadano ad agire sullo stress, che come detto è tra i principali fattori che portano all’insorgenza delle cervicalgie. 

Un altro possibile espediente potrebbe essere l’applicazione di unguenti e/o creme a base di piante con proprietà benefiche, antinfiammatorie e/o antidolorifiche, a livello della zona dolente. Un esempio tra tutti può essere rappresentato dalla capsaicina, principio attivo del peperoncino. Quest’ultimo è caratterizzato da proprietà antibatteriche, antidolorifiche e soprattutto revulsivanti, cioè è in grado di sviluppare un calore profondo utile ad esplicare un’azione miorilassante e decontratturante.

4. Bibliografia

  • Physical risk factors for developing non-specific neck pain in office workers: a systematic review and meta-analysis. Deokhoon Jun, Michaleff Zoe, Venerina Johnston, Shaun O’Leary. Int Arch Occup Environ Health. 2017 Jul;90(5):373-410.
  • Identifying risk factors for first-episode neck pain: A systematic review. Rebecca Kim, Colin Wiest, Kelly Clark, Chad Cook, Maggie Horn. Musculoskelet Sci Pract. 2018 Feb;33:77-83.
  • Review of the effectiveness of capsaicin for painful cutaneous disorders and neural dysfunction. M Hautkappe, M F Roizen, A Toledano, S Roth, J A Jeffries, A M Ostermeier. Clin J Pain. 1998 Jun;14(2):97-106.

Insufficienza Venosa Cronica: cos’è e quali sono i rimedi?

insufficienza venosa cronica

1. Cos'è l'Insufficienza Venosa Cronica

L’insufficienza venosa cronica (IVC) è una condizione patologica causata da un difficile ritorno venoso del sangue dalle zone periferiche dell’organismo verso il cuore. Si tratta di un disturbo della circolazione sanguigna e nella maggior parte dei casi si parla di insufficienza venosa degli arti inferiori dato che ad essere coinvolta è soprattutto la circolazione venosa che parte dagli stessi.


Il ritorno venoso ottimale è legato principalmente al movimento di deambulazione ed al buon funzionamento valvolare, questo perché le pareti delle vene non sono dotate di tessuto muscolare e di conseguenza una muscolatura dei polpacci sviluppata stabilizza le vene e garantisce il funzionamento della pompa venosa. Come detto però è molto importante che anche le valvole funzionino bene in modo tale che il sangue pompato verso l’alto dalla contrazione dei muscoli non torni indietro. Se si verificano casi in cui ad esempio le vene si ostruiscono per trombosi, oppure le valvole non funzionano più o il movimento di deambulazione è nullo, scarso o deficitario per diversi motivi, allora si creano le condizioni per l’insufficienza venosa cronica che può avere diversi sintomi e vari stadi di gravità.

2. Cause e sintomi

L’insufficienza venosa cronica è una patologia che colpisce principalmente le donne, infatti due delle cause più frequenti che ne causano l’insorgenza sono la gravidanza e l’uso precoce della pillola anticoncezionale, anche se negli ultimi anni si sta riscontrando un aumento di problemi circolatori anche negli uomini.

Tra le principali cause troviamo le gravidanze, l’uso di estroprogestinici, obesità, stipsi, vita sedentaria, abbigliamento non idoneo ad esempio perché molto stretto all’inguine, alimentazione inadeguata.

L’IVC inoltre può essere classificata in insufficienza venosa cronica organica se causata da un’alterazione delle vene, solitamente dilatazione delle pareti delle vene, oppure in insufficienza venosa funzionale se determinata da un’iperattività delle vene, ad esempio un sovraccarico di lavoro delle stesse.

I sintomi che solitamente contraddistinguono l’insorgenza dell’insufficienza venosa cronica sono gonfiore diffuso, sensazione di stanchezza e pesantezza delle gambe, formicolii, prurito ma anche dolore e crampi che sopraggiungono in particolar modo di notte. A tali sintomi soggettivi si possono associare delle forme manifeste che hanno delle ripercussioni anche dal punto di vista estetico come edema, flebodinia e varici.

Un’altra particolarità dell’IVC è che i sintomi tendono a manifestarsi in particolar modo nei mesi estivi, questo perché il caldo provoca vasodilatazione che determina un aumentato ristagno del sangue e quindi una maggiore pressione esercitata sulle pareti delle vene. In queste condizioni si possono verificare infiammazioni che possono portare alla rottura delle pareti dei vasi.

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3. Diagnosi e terapie

La diagnosi di IVC avviene attraverso una completa valutazione del quadro e della storia clinica del paziente. Successivamente può essere eseguito l’ecocolordoppler, un esame ecografico indolore e non invasivo, che valuta la morfologia e la funzionalità delle vene degli arti inferiori. Attraverso l’ecografia, i medici possono determinare la presenza e la direzione del flusso sanguigno nelle vene, rilevare qualsiasi reflusso o ostruzione di flusso sanguigno e soprattutto escludere la presenza di trombosi venosa cronica. Per una corretta definizione della patologia, le linee guida internazionali raccomandano l’uso della classificazione CEAP, che permette di valutare la patologia con precisione, obiettività e accuratezza sulla base di 4 parametri:

  • Clinica
  • Eziologia
  • Anatomia
  • Patogenesi

Per quanto riguarda la terapia è possibile distinguerla in non farmacologica e farmacologica. Gli scopi primari della terapia non farmacologica sono mitigare la sintomatologia soggettiva ed esercitare un effetto preventivo delle complicanze. Per far ciò si adottano delle misure generali come il controllo del peso, evitare la sauna e i bagni di sole, camminare e stare sdraiati con gli arti sollevati rispetto al corpo, in ultimo effettuare esercizi motori dei piedi per evitare una riduzione della mobilità della caviglia. A tali misure si associa una terapia compressiva che consiste in una pressione esercitata sull’arto compromesso da materiali di varia estensibilità.
La terapia farmacologica invece consiste nell’uso di farmaci ad azione

  • vasocostrittrice per migliorare il reflusso,
  • vasoprotettrice per ridurre le fragilità capillare,
  • anti-infiammatoria,
  • anti-edemigena.

Una famiglia di principi attivi molto utilizzati nella terapia farmacologica è rappresentata dai flavonoidi, una classe di antiossidanti, vegetali o di sintesi, utili per ridurre i processi infiammatori e per promuovere un flusso sanguigno efficiente. Esempi di flavonoidi utilizzati sono l’esperidina, la diosmina, il rutoside, l’oxerutina.

Un’altra molecola molto utilizzata, e studiata, è l’escina nota per avere effetti antinfiammatori e antiedematosi. Dati ottenuti da studi recenti confermano le proprietà antinfiammatorie dell’escina nel ridurre la permeabilità vascolare nei tessuti infiammati, inibendo così la formazione di edema.

L’effetto farmacologico della vitis vinifera è attribuito soprattutto al suo contenuto in flavonoli, anche se è l’estratto nel suo insieme ad essere considerato il principio attivo. È stato dimostrato che la sua assunzione giornaliera riduce significativamente l’edema e la circonferenza della gamba migliorando i sintomi chiave correlati all’insufficienza venosa cronica.

4. Bibliografia

  • Berti-Hearn, Linda, Elliott, Brenda. Chronic venous insufficiency. A review for nurses. Nursing: December 2019 – Volume 49 – Issue 12 – p 24-30;
  • Bettina Santler , Tobias Goerge. Chronic venous insufficiency – a review of pathophysiology, diagnosis, and treatment. Journal of German Society of Dermatology. 2017 May;15(5):538-556. doi: 10.1111/ddg.13242;
  • Therapeutic potential of natural compounds in inflammation and chronic venous insufficiency European Journal of Medicinal Chemistry Volume 17615 August 2019Pages 68-91.
  • Red vine leaf extract (AS 195) can improve some signs and symptoms of chronic venous insufficiency, a systematic review. Phytother Res. 2020 Apr 21.
  • The Role of Endothelial Dysfunction and Inflammation in Chronic Venous Disease. Annals of Vascular SurgeryVolume 46January 2018Pages 380-393.
  • Escin: a review of its anti-edematous, anti-inflammatory, and venotonic properties. Drug Des Devel Ther. 2019 Sep 27;13:3425-3437.
  • Efficacy and Tolerability of a Red-vine-leaf Extract in Patients Suffering from Chronic Venous Insufficiency – Results of a Double-blind Placebo-controlled Study European Journal of Vascular and Endovascular SurgeryVolume 41, Issue 4April 2011Pages 540-547

Collagene: cos’è e a cosa serve?

1. Cos'è il collagene?

Il collagene è la principale proteina del tessuto connettivo negli animali, è la proteina più abbondante nei mammiferi e nell’uomo rappresenta circa il 6% del peso corporeo totale e il 25% della massa proteica. Questa proteina ha una funzione strutturale all’interno del nostro organismo, ad esempio ossa e denti sono costituiti da cristalli minerali che si vanno ad aggiungere proprio al collagene, o ancora forma dei cavi molecolari che vanno a rinforzare i tendini oppure forma dei fogli grandi ed elastici che sostengono la pelle e gli organi interni. Tuttavia, è importante aver chiaro che pur avendo delle funzioni strutturali imprescindibili all’interno del nostro organismo la sua struttura è relativamente semplice, infatti è composto da tre catene che si avvolgono l’un l’altra dando origine ad una tripla catena compatta.

Durante il corso della nostra vita la produzione di collagene non termina mai, questa proteina si rinnova continuamente perché la sua presenza nell’organismo è fondamentale; tuttavia, con il passare del tempo tale processo rallenta a causa dell’invecchiamento.

2. Biosintesi e tipi di collagene

Come detto pocanzi il collagene fa parte del tessuto connettivo ed è particolarmente concentrato nella pelle, nelle ossa, nei tendini, nei denti, nella cartilagine, nelle membrane e nei vasi sanguigni.

Esistono diversi tipi di collagene, ma i principali sono 4:

  • Collagene di tipo I è quello più comune ed abbondante nel corpo umano. È concentrato nella pelle ma che nelle ossa, nei tendini e nei denti.
  • Collagene di tipo II è concentrato a livello delle articolazioni.
  • Collagene di tipo III ha una funzione di supporto per i muscoli, gli organi e le arterie.
  • Collagene di tipo IV è concentrato nell’epidermide, lo strato più profondo della pelle ed il suo ruolo è prevalentemente di sostegno.

La biosintesi del collagene avviene, a seconda del tessuto, in diversi tipi cellulari, ad esempio nei fibroblasti, per quel che riguarda il tessuto connettivo, e negli osteoblasti, per quel che riguarda le ossa. Come detto è costituito da 3 catene proteiche legate tra loro a formare una tripla elica e gli amminoacidi che principalmente compongono tale catena sono glicina, prolina, idrossiprolina.

3. Integrazione di collagene

Intorno ai 25/30 anni di età la quantità di collagene che il nostro corpo riesce a produrre inizia a diminuire gradualmente. In realtà non è da imputare unicamente all’età la diminuzione di produzione di collagene, questa può essere inficiata anche da altri fattori come stress, fumo di sigaretta, dieta povera di nutrienti e vitamine ed eccessiva esposizione al sole. Davanti a tale situazione si rende dunque necessario integrare il collagene o mediante l’alimentazione o mediante nutraceutici.

Il modo più semplice per contribuire a mantenere alto il livello di collagene è tramite un’alimentazione sana e variata. Tra i cibi che contengono grandi quantità di collagene si annoverano il pollo ed il pesce mentre altri cibi sono in grado di stimolarne la produzione come ad esempio la frutta ricca di vitamina C come gli agrumi, l’ananas, il kiwi, o i cibi a foglia verde come spinaci e bietole. Risulta molto importante anche l’assunzione di cibi quali uova, fave, lenticchie, carne e formaggi in quanto ricchi in lisina, un amminoacido essenziale, che non viene prodotto dall’organismo umano ma che è importante per la produzione di collagene, motivo per cui lo dobbiamo assumere mediante l’alimentazione.

In caso di aumentato fabbisogno è possibile contribuire a mantenere alto il livello di collagene attraverso l’assunzione di nutraceutici.

In questo caso però la proteina di collagene, date le sue grandi dimensioni, è presente in forme idrolizzata, cioè parzialmente digerita, in modo tale da renderla più digeribile e da aumentarne la velocità di assorbimento. Il collagene utilizzato nei nutraceutici viene ricavato prevalentemente dai tessuti connettivi degli animali, dalle ossa e dalla pelle, dove il collagene è presente in maggiore concentrazione.

Integratori costituiti da collagene idrolizzato di tipo II sono ad esempio utilizzati per combattere l’artrosi (osteoartrite). Quest’ultima è una patologia cronica, degenerativa, caratterizzata dalla progressiva usura della cartilagine articolare. Solitamente comporta nel tempo l’insorgenza di infiammazione e dolore, rigidità e ridotta funzionalità dell’articolazione colpita. Lo scopo dell’integrazione di collagene di tipo II in questo caso è quello di rallentare la progressione della patologia stimolando in parte la produzione di collagene.

4. Bibliografia

  • Structure, physiology, and biochemistry of collagens. Michael J Mienaltowski 1, David E Birk Adv Exp Med Biol. 2014;802:5-29.
  • Biological effect of hydrolyzed collagen on bone metabolism Audrey Daneault , Janne Prawitt , Véronique Fabien Soulé , Véronique Coxam , Yohann Wittrant Crit Rev Food Sci Nutr. 2017 Jun 13;57(9):1922-1937.
  • A double-blind, placebo-controlled, randomised, clinical study on the effectiveness of collagen peptide on osteoarthritis. Kumar S, Sugihara F, Suzuki K, Inoue N, Venkateswarathirukumara S. J Sci Food Agric. 2015 Mar 15;95(4):702-7