Nomination 2022: eccellenza informazione scientifica

Sildì

Sildì

Siamo davvero felici di aver ricevuto la Nomination 2022 e di concorrere al premio “Le Eccellenza dell’Informazione Scientifica e la Centralità del Paziente” per la categoria Premio Speciale Nutraceutici con il progetto Sildì il quale mira a:

  • Formulazione del Sildì, integratore nutraceutico che agisce sulla prevenzione dell’osteoporosi e della fragilità ossea
  • Sensibilizzazione del medico sulle problematiche legate alla fragilità ossea mediante il fragili train un format di eventi itinerante creati ad hoc
  • Sensibilizzazione del paziente riguardo la prevenzione dell’osteoporosi e fragilità ossea

Un grande in bocca al lupo a tutti noi!

Vuoi scoprire di più sul progetto? Clicca sul link

Collagene: cos’è e a cosa serve?

1. Cos'è il collagene?

Il collagene è la principale proteina del tessuto connettivo negli animali, è la proteina più abbondante nei mammiferi e nell’uomo rappresenta circa il 6% del peso corporeo totale e il 25% della massa proteica. Questa proteina ha una funzione strutturale all’interno del nostro organismo, ad esempio ossa e denti sono costituiti da cristalli minerali che si vanno ad aggiungere proprio al collagene, o ancora forma dei cavi molecolari che vanno a rinforzare i tendini oppure forma dei fogli grandi ed elastici che sostengono la pelle e gli organi interni. Tuttavia, è importante aver chiaro che pur avendo delle funzioni strutturali imprescindibili all’interno del nostro organismo la sua struttura è relativamente semplice, infatti è composto da tre catene che si avvolgono l’un l’altra dando origine ad una tripla catena compatta.

Durante il corso della nostra vita la produzione di collagene non termina mai, questa proteina si rinnova continuamente perché la sua presenza nell’organismo è fondamentale; tuttavia, con il passare del tempo tale processo rallenta a causa dell’invecchiamento.

2. Biosintesi e tipi di collagene

Come detto pocanzi il collagene fa parte del tessuto connettivo ed è particolarmente concentrato nella pelle, nelle ossa, nei tendini, nei denti, nella cartilagine, nelle membrane e nei vasi sanguigni.

Esistono diversi tipi di collagene, ma i principali sono 4:

  • Collagene di tipo I è quello più comune ed abbondante nel corpo umano. È concentrato nella pelle ma che nelle ossa, nei tendini e nei denti.
  • Collagene di tipo II è concentrato a livello delle articolazioni.
  • Collagene di tipo III ha una funzione di supporto per i muscoli, gli organi e le arterie.
  • Collagene di tipo IV è concentrato nell’epidermide, lo strato più profondo della pelle ed il suo ruolo è prevalentemente di sostegno.

La biosintesi del collagene avviene, a seconda del tessuto, in diversi tipi cellulari, ad esempio nei fibroblasti, per quel che riguarda il tessuto connettivo, e negli osteoblasti, per quel che riguarda le ossa. Come detto è costituito da 3 catene proteiche legate tra loro a formare una tripla elica e gli amminoacidi che principalmente compongono tale catena sono glicina, prolina, idrossiprolina.

3. Integrazione di collagene

Intorno ai 25/30 anni di età la quantità di collagene che il nostro corpo riesce a produrre inizia a diminuire gradualmente. In realtà non è da imputare unicamente all’età la diminuzione di produzione di collagene, questa può essere inficiata anche da altri fattori come stress, fumo di sigaretta, dieta povera di nutrienti e vitamine ed eccessiva esposizione al sole. Davanti a tale situazione si rende dunque necessario integrare il collagene o mediante l’alimentazione o mediante nutraceutici.

Il modo più semplice per contribuire a mantenere alto il livello di collagene è tramite un’alimentazione sana e variata. Tra i cibi che contengono grandi quantità di collagene si annoverano il pollo ed il pesce mentre altri cibi sono in grado di stimolarne la produzione come ad esempio la frutta ricca di vitamina C come gli agrumi, l’ananas, il kiwi, o i cibi a foglia verde come spinaci e bietole. Risulta molto importante anche l’assunzione di cibi quali uova, fave, lenticchie, carne e formaggi in quanto ricchi in lisina, un amminoacido essenziale, che non viene prodotto dall’organismo umano ma che è importante per la produzione di collagene, motivo per cui lo dobbiamo assumere mediante l’alimentazione.

In caso di aumentato fabbisogno è possibile contribuire a mantenere alto il livello di collagene attraverso l’assunzione di nutraceutici.

In questo caso però la proteina di collagene, date le sue grandi dimensioni, è presente in forme idrolizzata, cioè parzialmente digerita, in modo tale da renderla più digeribile e da aumentarne la velocità di assorbimento. Il collagene utilizzato nei nutraceutici viene ricavato prevalentemente dai tessuti connettivi degli animali, dalle ossa e dalla pelle, dove il collagene è presente in maggiore concentrazione.

Integratori costituiti da collagene idrolizzato di tipo II sono ad esempio utilizzati per combattere l’artrosi (osteoartrite). Quest’ultima è una patologia cronica, degenerativa, caratterizzata dalla progressiva usura della cartilagine articolare. Solitamente comporta nel tempo l’insorgenza di infiammazione e dolore, rigidità e ridotta funzionalità dell’articolazione colpita. Lo scopo dell’integrazione di collagene di tipo II in questo caso è quello di rallentare la progressione della patologia stimolando in parte la produzione di collagene.

4. Bibliografia

  • Structure, physiology, and biochemistry of collagens. Michael J Mienaltowski 1, David E Birk Adv Exp Med Biol. 2014;802:5-29.
  • Biological effect of hydrolyzed collagen on bone metabolism Audrey Daneault , Janne Prawitt , Véronique Fabien Soulé , Véronique Coxam , Yohann Wittrant Crit Rev Food Sci Nutr. 2017 Jun 13;57(9):1922-1937.
  • A double-blind, placebo-controlled, randomised, clinical study on the effectiveness of collagen peptide on osteoarthritis. Kumar S, Sugihara F, Suzuki K, Inoue N, Venkateswarathirukumara S. J Sci Food Agric. 2015 Mar 15;95(4):702-7

Silicio: una nuova opportunità per la salute

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1. Cos'è il silicio?

Il silicio è un elemento chimico della tavola periodica, è il secondo elemento per abbondanza nella crosta terrestre dopo l’ossigeno ed è il costituente più importante del mondo inorganico.

È importante distinguere la forma inorganica da quella organica, la prima forma infatti è presente in natura, mentre la seconda si trova nell’organismo umano e può essere integrata. Ha importanti proprietà fisiche, ad esempio è un semiconduttore, e per tale motivo viene utilizzato in varie applicazioni tecniche e scientifiche.

Proprio questa caratteristica, in associazione con la sua complessità strutturale, ha sempre attratto molti i ricercatori. Il silicio può presentarsi sotto diverse forme chimiche, ma quella che sembra giocare un ruolo cruciale negli organismi viventi è l’Acido Ortosilicico (OSA).

2. Il silicio nell'uomo ed i suoi benefici

Il silicio apporta numerosi benefici sia negli alimenti che nelle piante, questi infatti assorbono tale molecola, in grosse quantità, dal suolo. 

Tale molecola sembra rivestire un ruolo importante anche nell’essere umano, dove interviene in diversi processi fisiologici che lo vedono coinvolto su più fronti, ad esempio nella salute delle ossa e della pelle, nel rafforzare le unghie ed i capelli ma anche il sistema immunitario.

Il silicio è presente all’interno del nostro organismo fin dalla nascita, purtroppo le sue concentrazioni diminuiscono con l’aumentare dell’età e tale condizione lo correlerebbe direttamente ai processi di invecchiamento. Una modalità per poter introdurre questa molecola è rappresentata dall’alimentazione, tuttavia spesso sorge il problema della sua bassa capacità ad essere assorbito.

3. Silicio: alimentazione ed integrazione

Gli alimenti rappresentano una naturale sorgente di silicio, questo si trova in cibi come la barbabietola, l’avena, l’orzo, la soia, i cereali integrali, la borragine e l’ortica. Il consumo di silicio varia molto a seconda dell’etnia di appartenenza, infatti è stato osservato che europei e nord americani assumono mediante l’alimentazione molto meno silicio se paragonati ad indiani e cinesi. Ciò è dovuto alla diversa alimentazione di questi popoli, i secondi infatti assumono quotidianamente molti più frutta e verdura.

Nel 2004 l’EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ha stabilito, dati i risultati ottenuti dalle ricerche scientifiche, che il livello di assunzione del silicio può variare tra i 20 ed i 50 milligrammi al giorno ed è stato stabilito che il livello massimo di sicurezza è rappresentato dai 700 milligrammi al giorno per gli adulti. Tali quantità non causano effetti indesiderati.

Come detto pocanzi un grosso problema del silicio presente negli alimenti è rappresentato dalla sua bassa capacità di essere assorbito. Per far fronte a tale situazione una soluzione è rappresentata dall’assunzione di integratori a base di silicio. In realtà anche nel mondo della nutraceutica sorge il problema della capacità di assorbimento di questo importantissimo elemento, in quanto ad alte concentrazioni le singole particelle di silicio, chiamate monomeri, tendono ad aggregarsi formando delle strutture chiamate polimeri che non vengono facilmente assorbite, motivo per cui in realtà eliminiamo gran parte del silicio introdotto.

Una soluzione per ovviare a questo particolare problema di assorbimento si è trovata cercando di stabilizzare i singoli monomeri di silicio, legandolo con delle molecole di vanillina, in modo tale da renderlo più disponibile all’assorbimento.

È stato creato e brevettato in tal modo il silicio bioattivato, una particolare forma di silicio complessata con la vanillina, che ha lo scopo di aggirare la difficoltà di assorbimento a cui si va in contro quando si è in presenza di alte concentrazioni di silicio.


L’importanza dell’integrazione del silicio è rappresentata dalle diverse aree terapeutiche in cui tali nutraceutici posso essere utilizzati.

4. Benefici del silicio

Il silicio stimola la sintesi del collagene, dell’elastina e di altre molecole associate alla produzione di matrice extracellulare, risulta quindi cruciale per il benessere ed il ripristino delle normali condizioni dei tessuti connettivi (cartilagine, tendini, legamenti) e della pelle e delle ossa. Di seguito è riportato un piccolo approfondimento in merito al ruolo del silicio nelle ossa e nella pelle.

  • Ossa
    Esistono diversi studi in letteratura che attestano il coinvolgimento del silicio nel fisiologico mantenimento del metabolismo osseo. Studi in vivo ed in vitro riportano come il consumo di silicio mediante la dieta e/o l’integrazione abbia effetti benefici per la salute delle ossa, giocando un ruolo importante nell’omeostasi e nella rigenerazione ossea e rappresentando in tal modo un elemento cruciale per il trattamento e la prevenzione delle patologie ossee come ad esempio l’osteoporosi. La caratteristica fondamentale del silicio è rappresentata dal suo coinvolgimento in tutte le fasi del rimodellamento osseo (formazione, mineralizzazione e riassorbimento).
  • Pelle
    Il silicio si è rivelato un elemento essenziale per la salute della pelle, dei capelli e delle unghie. Anche in questo caso esiste un’ampia letteratura a supporto di tale ruolo. La capacità del silicio di stimolare la produzione di collagene ed elastina fa sì che quest’ultimo abbia un ruolo importante nel mantenere intatta l’elasticità dei tessuti.
    Questo elemento è in grado di attraversare i tessuti ed arrivare in profondità, dove stimola i fibroblasti ed in tal modo esplica la caratteristica proprietà restitutiva sulle fibre del derma.
    Non solo, il silicio è noto per avere anche proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e cicatrizzanti e tutto ciò a livello pratico determina un suo coinvolgimento nel facilitare le cicatrizzazioni in caso di ferite o ancora un ruolo nel ridurre l’infiammazione che si scatena in caso di punture da insetti o da eritemi solari.

5. Bibliografia

• Jurkic L.M., Capanec I., Pavelic S.K., Pavelic K. Biological and therapeutic effects of ortho-silicic acid and some ortho-silicic acid-releasing compounds: New perspectives for therapy. Nutr Metabolism 2013; 10:2

• Ravin Jugdaohsingh, Simon HC Anderson, Katherine L Tucker, Hazel Elliott, Douglas P Kiel, Richard PH Thompson, and Jonathan J Powell. Dietary silicon intake and absorption Am J Clin Nutr 2002; 75:887–93

• Marcowycz A., Housez B., Maudet C., Cazaubiel M., Rinaldi G., Croizet K. Digestive absorption of silicon, supplemented as orthosilicic acid-vanillin complex. Mol. Nutr. Food Res. 2015, 59,1584-1589

• Anna Sadowska and Franciszek Swiderski Sourses, bioavailability, and safety of silicon derived from foods and other sources added for nutritional purposes in food supplements and functional foods. Appl. Sci, 2020, 10, 6255

• Rondanelli M, Faliva MA, Peroni G, Gasparri C, Perna S, Riva A, Petrangolini G, Tartara A. Silicon: A neglected micronutrient essential for bone health. Exp Biol Med (Maywood). 2021 Jul;246(13):1500-1511.

• A B G Lansdown , A Williams A prospective analysis of the role of silicon in wound care J Wound Care 2007 Oct;16(9): 404-7.

Cos’è la nutraceutica?

1. Il cibo, cura e nutrimento: breve storia

Le antiche civiltà erano in grado di utilizzare gli alimenti come medicine sia a scopo terapeutico che come strumento di prevenzione di diverse malattie. Un esempio di questo utilizzo lo ritroviamo nella medicina ayurveda, una antica medicina tradizionale indiana vecchia di cinquemila anni, in grado di utilizzare i benefici del cibo a scopi terapeutici.
Ippocrate, il padre della moderna medicina occidentale, citava:

“Lasciate che il cibo sia la vostra medicina e la vostra medicina sia il cibo”

Nel corso degli anni 80, dello scorso secolo, in Giappone furono gettate le basi per lo sviluppo della moderna nutraceutica. Nel 1989, infatti, Stephen De Felice, studioso americano, creò il termine NUTRACEUTICA dall’unione di due parole: Nutrizione e Farmaceutica. Con esso voleva definire l’uso dei nutrienti che si trovavano negli alimenti nel campo farmaceutico. Tutto ciò era possibile grazie al contemporaneo sviluppo della tecnologia.

2. La nutraceutica

La nutraceutica è una scienza che studia gli estratti di piante, animali, minerali e microrganismi accomunati da una funzione benefica sulla salute dell’uomo. Nello specifico questa scienza indaga i componenti e/o i principi attivi degli alimenti che hanno effetti positivi sulla salute e sulla prevenzione e il trattamento delle malattie.

Per estensione il concetto di nutraceutico si è sviluppato anche nell’industria alimentare, dove nutrienti di sintesi chimica sono stati introdotti nella fabbricazione alimentare, dando origine ai cosiddetti “cibi funzionali”, tra cui un esempio è il latte arricchito di vitamina D.

Nel campo farmaceutico, il nutraceutico è un composto di sostanze estratte dalla natura o di sintesi chimica che compongono la formulazione del prodotto con una sinergia d’azione secondo lo scopo ricercato sulla salute.

Con la nutraceutica si vuole poter beneficiare dei principi attivi presenti naturalmente negli alimenti senza dover mangiare tutti i giorni, in grosse quantità, lo stesso cibo pur di assumere un determinato principio attivo. Ad esempio, per poter introdurre il giusto apporto giornaliero di ferro dovremmo mangiare un quantitativo elevato di spinaci. In merito a questo, recenti studi hanno confermato che spesso i nutrienti che fanno bene al nostro organismo non si trovano negli alimenti in quantità sufficienti da ottenere effetti benefici sulla salute, da qui l’importanza della nutraceutica e dell’assunzione dei nutraceutici.

3. I nutraceutici

Il Dottore De Felice diede anche una definizione di nutraceutico: “alimento (o parte di esso) in grado di apportare benefici medici o sanitari, inclusa la prevenzione e/o trattamento di malattie”.

Per poter parlare di nutraceutico è molto importante non solo che il o i principi attivi presenti al suo interno siano derivati da alimenti, ma anche che tali principi apportino uno o più benefici aggiuntivi, come ad esempio migliorare la salute, prevenire malattie croniche, ritardare il processo di invecchiamento favorendo in questo modo la longevità.

Due sono gli aspetti importanti quando si assume un nutraceutico, il dosaggio e il tempo. Per dosaggio si intende il dosaggio del principio attivo che deve essere tale da poter garantire l’efficacia del nutraceutico, mentre per il tempo si intende il tempo necessario che intercorre tra l’inizio dell’assunzione del nutraceutico ed il momento in cui si iniziano a vedere gli effetti benefici dello stesso.

I nutraceutici sono disciplinati da regolamenti europei (Regolamento 432/2012) nei quali vengono stabilite le quantità minime da utilizzare all’interno dei prodotti al fine di ottenere dei benefici per la salute psico-fisica. Inoltre sempre in questi regolamenti vengono specificati i claims utilizzabili, cioè le frasi specifiche da poter riportare sull’etichetta affinchè questa rispetti la norma di legge.

4. Nutraceutico e farmaco

Il mondo dei nutraceutici ed il mondo dei farmaci presentano alcune affinità e profonde diversità.
Il nutraceutico si può ritenere simile al farmaco perché come quest’ultimo è necessario conoscere l’indicazione per la gestione del problema specifico, motivo per cui si deve conoscere come il principio attivo funziona e a che dose deve essere assunto per poter avere degli effetti.

Tuttavia, come detto, esistono anche delle profonde diversità tra i due mondi soprattutto in merito all’origine dei principi attivi. I prodotti nutraceutici sono di origine naturale, ciò fa si che questi possano avere un elevato profilo di sicurezza e tollerabilità permettendo di conseguenza prolungate assunzioni senza alcun tipo di problema.

5. Campi d'azione dei nutraceutici

I nutraceutici racchiudono in loro svariati campi d’azione, ciò dipende dalle diverse molecole che possono essere utilizzate nell’ambito di diverse patologie, anche croniche.

Ad esempio nell’ambito osteoarticolare per poter proteggere le articolazioni, effettuando prevenzione, o cercare di rallentare il più la progressione dell’osteoartrite possono essere utilizzati i cosiddetti condroprotettori.

Il dolore neuropatico, soprattutto quello periferico, è un altro campo in cui l’utilizzo di determinate molecole danno vita ai cosidetti neurotrofici, il cui scopo è quello di agire sul dolore ma soprattutto quello di agire sul trofismo del nervo.

Questi sono solo due della miriade di campi in cui si possono utilizzare prodotti nutraceutici, ad essi si affiancano flebotonici per la terapia dell’insufficenza venosa, energizzanti per la stanchezza fisica e mentale, immunostimolanti capaci di stimolare le difese immunitarie e molti altri ancora.

6. Il futuro della nutraceutica

L’interesse nei confronti della nutraceutica è sempre più importante, ciò forse è da imputare alla volontà dei popoli occidentali, sempre più longevi, di poter prolungare il loro stato di benessere riducendo lo stato di malattia e di conseguenza riducendo il tempo di esposizione alle terapie farmacologiche tradizionali.

La nutraceutica può fornire un valido supporto nella gestione dei più frequenti disturbi quotidiani di intensità lieve-moderata, che comunque causano disagi nello svolgimento della vita giornaliera, ma può essere utilizzata, in taluni casi, anche nel trattamento di patologie di intensità moderato-severa se intesa nell’ottica di un approccio multimodale, cioè se inserita all’interno di un vero e proprio protocollo terapeutico che prevede l’utilizzo concomitante di farmaci e nutraceutici.

È di fondamentale importanza però divulgare un approccio nutraceutico che non può essere inteso solo come l’assunzione “one shot”, cioè in un’unica soluzione, ma richiede trattamenti di media- lunga durata, anche in cronico, con l’idea che come per il farmaco una maggiore aderenza e persistenza al trattamento portano ad una maggiore efficacia della stessa.

• Stephen L. DeFelice, The NutraCeutical Revolution: Fueling a Powerful, New International

• Market Archiviato il 23 agosto 2010 in Internet Archive., 1989^ Roberto Benelli, “Nutrizione e cancro – Aspetti di biologia molecolare e di prevenzione alimentare del carcinoma della prostata”, Prato, Partner-Graf, 2010. ISBN 9788890419218^ Carla Marchetti, Mario

• Pappagallo, Umberto Veronesi, “Verso la scelta vegetariana – il tumore si previene anche a tavola”, Firenze, Giunti, 2011. ISBN 9788809776517

• REGOLAMENTO (UE) N. 432/2012 DELLA COMMISSIONE del 16 maggio 2012 relativo alla compilazione di un elenco di indicazioni sulla salute consentite sui prodotti alimentari, diverse da quelle facenti riferimento alla riduzione dei rischi di malattia e allo sviluppo e alla salute dei bambini, su trovanorme.salute.gov.it.^ Robert E. C Wildman, Handbook of Nutraceuticals and

• Functional Foods, 1ª ed., CRC Series in Modern Nutrition, 2001, ISBN 0-8493-8734

• Takayuki Shibamoto, et al., Functional Food and Health, ACS Symposium, 2008, p.993, ISBN 978-0-8412-6982-8.

La nutraceutica per prevenzione e gestione dell’artrosi

1. Artrosi

L’artrosi o osteoartrosi è una malattia cronico-degenerativa che interessa le articolazioni e che ha come conseguenza ultima la perdita della funzionalità dell’articolazione stessa. È caratterizzata, inizialmente da lesioni della cartilagine articolare a cui consegue una modificazione di tutte le strutture che la compongono: tessuto osseo, capsula, legamenti, tendini e muscoli. La lesione che caratterizza il processo artrosico è accompagnata da infiammazione, processo che tende ad autoalimentarsi e a cui consegue una distruzione della cartilagine articolare del distretto interessato e da sintomi quali dolore e limitazione funzionale.
Mentre nell’ artrosi primaria si verifica una alterazione della cartilagine articolare in assenza di “apparenti” cause o malattie concomitanti, nell’artrosi secondaria, il processo degenerativo è determinato da una causa o fattori estrinseci alla cartilagine che ha determinato il danno articolare (es. traumi o fattori come l’uso prolungato e ripetitivo di alcune articolazioni, il sovrappeso, infezioni o malattie metaboliche).

2. Epidemiologia​

Tale patologia interessa circa il 10% della popolazione adulta e il 50% di coloro che hanno superato i 60 anni di età. Ha un’incidenza maggiore nelle donne con più di cinquant’anni in post-menopausa ma prima dei 50 anni l’artrosi colpisce ugualmente uomini e donne.

Secondo l’Istat, l’artrosi/artrite interessa il 16,4% della popolazione risultando, insieme all’osteoporosi, tra le malattie o condizioni croniche più diffuse in Italia dopo l’ipertensione. La prevalenza di questa patologia aumenta con l’età ma presenta nette differenze di genere: è presente nella maggioranza degli esseri umani al quarantesimo anno di età e nella quasi totalità dei settantenni, con un picco di massima incidenza fra i 75 ed i 79 anni (tra gli over 75enni, il 68,2% delle donne e il 48,7% degli uomini dichiarano di soffrire di artrosi/artrite) (Istat 2013).

Nonostante solo una minoranza degli affetti lamenti disturbi, l’osteoartrosi è di gran lunga la causa più importante di dolore e di invalidità per malattie articolari.

3. Come prevenire l'artrosi

L’artrosi è una patologia strettamente correlata all’invecchiamento della popolazione e, dal momento che i farmaci ad oggi utilizzati per trattarla come il paracetamolo, i FANS (farmaci anti – infiammatori non steroidei) e i corticosteroidi, agiscono prevalentemente sul dolore, quindi sul sintomo e tutt’ al più sul rallentamento della degenerazione senza poter prevenire o curare la patologia, non rappresentano una soluzione definitiva alla risoluzione del problema.

Per questo motivo è necessario agire a monte intervenendo sul controllo preventivo dei fattori di rischio predisponenti alla malattia:

  • Trattamento dell’obesità: Oggi il tasso di obesità sull’intera popolazione sta aumentando a causa di una scorretta alimentazione e di una eccessiva sedentarietà. Per coloro che associano alla dieta l’esercizio fisico, la percentuale di mantenimento della perdita di peso aumenta. Il controllo del peso aiuta a ridurre il carico sulle articolazioni.

  • Praticare attività fisica ed evitare la sedentarietà: l’attività fisica moderata è utile per mantenere un buon tono muscolare, l’inattività, al contrario può indebolire i muscoli, rende le articolazioni più rigide e danneggia l’equilibrio oltre a ridurre la tolleranza al dolore. Esercizi di stretching mantengono un buon movimento articolare.

  • Evitare sforzi eccessivi e prevenire le complicanze da traumi: Un iper-uso articolare, sottoponendo le articolazioni ad eccessivo e ripetitivo carico di lavoro, conduce ad un’usura articolare a causa di uno stress troppo intenso.

  • Seguire una dieta equilibrata: alcuni alimenti, presenti con costanza nell’alimentazione, possono aiutare a combattere l’infiammazione e riducono lo stress ossidativo dei tessuti in generale e quindi anche delle cartilagini: verdura cruda o cotta a vapore, semi di lino e di zucca, frutta fresca di stagione, frutta a guscio, legumi, yogurt, formaggi meglio se di pecora e di capra ma consumati in piccole quantità, pesce, uova. È necessario contenere il consumo di carne, di superalcolici e dolciumi.

4. La nutraceutica nella prevenzione e nella gestione dell'artosi

Anche la Nutraceutica oggi, può rappresentare un valido alleato non solo nella prevenzione ma anche come coadiuvante nel trattamento farmacologico di molte patologie croniche come l’artrosi.

Il termine “Nutraceutica”, neologismo nato negli anni ’80, è composto da due termini: “nutrizione” e “farmaceutica”. È la disciplina che studia componenti o principi attivi (vitamine, enzimi, sali minerali) naturalmente presenti negli alimenti, al fine di individuarne benefici per la salute, per la prevenzione e per il trattamento di alcune patologie in associazione alla terapia farmacologica. In realtà, spesso, la forma e la quantità di queste componenti presenti negli alimenti, non sono sufficienti ad esplicare un’azione terapeutica efficace nel distretto corporeo d’interesse, per cui oggi, l’obiettivo della Nutraceutica è soprattutto quello di ricercare e produrre, forme di tali nutrienti (singoli o combinati) sempre più biodisponibili per il nostro organismo in modo che risultino più efficaci nel distretto corporeo in cui esplicano la loro azione benefica.

Per loro stessa natura, quindi, i prodotti nutraceutici, risultano, dunque, utili sia nella prevenzione sia nel trattamento prolungato di patologie croniche come l’artrosi come coadiuvanti della terapia farmacologica.
Le indagini più recenti condotte dall’OCSE e dall’ISTAT dimostrano che l’Italia è uno dei Paesi con la maggiore aspettativa di vita (80,8 anni per gli uomini e 85,2 per le donne), pertanto un importante obiettivo per gli anni a venire sarà garantire una vita in buona salute, principalmente attuando quanto più possibile strategie finalizzate ad una riduzione della prevalenza delle malattie cronico-degenerative, che oltre a gravare sulla sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale, sono tra le prime cause di disabilità e quindi di riduzione della qualità di vita.

Le indagini più recenti condotte dall’OCSE e dall’ISTAT dimostrano che l’Italia è uno dei Paesi con la maggiore aspettativa di vita (80,8 anni per gli uomini e 85,2 per le donne), pertanto un importante obiettivo per gli anni a venire sarà garantire una vita in buona salute, principalmente attuando quanto più possibile strategie finalizzate ad una riduzione della prevalenza delle malattie cronico-degenerative, che oltre a gravare sulla sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale, sono tra le prime cause di disabilità e quindi di riduzione della qualità di vita. È proprio in questo contesto che la Nutraceutica può rappresentare una soluzione efficace e sicura per consentire alla popolazione di preservare il proprio stato di salute inteso non semplicemente come “assenza di malattia” ma come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale (OMS).

I primi integratori studiati per prevenire e coadiuvare il trattamento farmacologico per l’artrosi, chiamati condroprotettori, agivano prevalentemente sulla cartilagine. Oggi la condroprotezione deve tener conto non solo della cartilagine articolare, ma anche del processo infiammatorio che accompagna il processo artrosico e del muscolo. Recenti studi, infatti, hanno dimostrato che ad essere interessati dall’artrosi, possano non essere solo la cartilagine, l’osso, la capsula ma anche i muscoli. Vi è infatti una stretta relazione tra debolezza muscolare e processo artrosico: una condizione di riduzione di volume e degenerazione funzionale dei muscoli da un lato può essere conseguenza del disuso dell’articolazione e del processo infiammatorio alla base dell’osteoartrosi, dall’altro, la debolezza muscolare stessa può essere considerata un fattore di rischio per lo sviluppo e la progressione dell’artrosi.

Cartilagine, muscolo e infiammazione, dunque, sono fattori strettamente correlati, che si sostengono ed influenzano a vicenda, innescando un vero e proprio circolo vizioso che accelera lo sviluppo della patologia. Oggi, si dovrebbe parlare di “artroprotezione” come nuovo concetto che “integra” la condroprotezione: recenti studi hanno dimostrato che alcune sostanze, oltre ad avere un’azione completa su cartilagine, osso e muscolo, agiscono anche sulla sintomatologia associata al processo artrosico, incluso il dolore.

Tra le sostanze che oggi sono in grado di garantire un’artroprotezione efficace troviamo:

  • Glucosamina e Condroitinsolfato: hanno effetti favorevoli sulla struttura cartilaginea. Sono sostanze naturali che si trovano fisiologicamente nella cartilagine sana delle articolazioni. La Glucosamina solfato svolge un ruolo primario per la produzione dei glicosamminoglicani (GAG), che hanno la capacità di conferire alla cartilagine proprietà ammortizzanti e svolgono funzioni lubrificanti all’interno della membrana sinoviale. Inoltre, alcuni studi hanno dimostrato l’efficacia della combinazione di queste due sostanze nella riduzione del dolore, della rigidità e della limitazione funzionale e sul gonfiore articolare tipiche del processo artrosico.

  • Acido ialuronico è una sostanza viscoelastica della famiglia dei glicosamminoglicani, caratterizzata dalla capacità di trattenere acqua formando soluzioni viscose che migliorano la lubrificazione articolare: è infatti uno dei principali componenti del liquido sinoviale, oltre che della maggior parte dei tessuti connettivi, liquido fisiologico presente nelle articolazioni con la funzione di attutire l’attrito tra i componenti anatomici della articolazione stessa.

  • Collagene: è una componente fondamentale delle articolazioni sinoviali, conferisce forma, resistenza ed elasticità alla struttura cartilaginea.

  • Bromelina: è una miscela di enzimi proteolitici estratti dal gambo dell’ananas con spiccata attività antinfiammatoria.

  • Carnitina e Vitamina D: sono sostanze naturali che aumentano la massa e l’efficienza muscolare:

    1.  La Carnitina aumenta la disponibilità energetica per il muscolo e promuove l’eliminazione dei cataboliti tra cui l’acido lattico. Inoltre, induce l’espressione di proteine coinvolte nella contrazione muscolare aumentando così il volume del muscolo. Alcuni studi, inoltre, dimostrano che l’associazione della L-Carnitina al trattamento dell’artrosi, ha un effetto positivo sulla sintomatologia associata alla patologia.
    2. La vitamina D aumenta sia in maniera diretta sia in maniera indiretta lo sviluppo e la funzionalità muscolare in quanto da un lato modula il livello di calcio nelle cellule muscolari e aumenta così la capacità di contrazione del muscolo, dall’altro attiva i geni che promuovono l’espressione delle proteine contrattili quindi aumenta il volume del muscolo. Inoltre, alcuni studi suggeriscono che l’integrazione con vitamina D si è dimostrata efficace nel migliorare il dolore e la funzionalità articolare associati al processo artrosico.
  • https://www.humanitas.it/malattie/artrosi
  • https://www.epicentro.iss.it/muscolo-scheletriche/epidemiologia-italia
  • https://www.oecd-ilibrary.org/docserver/92056604-it.pdf?expires=1643041798&id=id&accname=guest&checksum=D9D817D17DA7F7322E124771A4608E97
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Osteoporosi: cos’è, quali sono le cause e come prevenirla

1. Cos'è l'osteoporosi? ​

Osteoporosi” significa letteralmente “osso poroso” e fa riferimento all’aspetto poroso che assume il tessuto osseo quando è colpito da tale patologia. L’osteoporosi è, infatti, definita dalla Word Health Organization come un disordine sistemico dell’apparato scheletrico, dovuto ad una bassa densità minerale e al deterioramento della micro – architettura del tessuto osseo, che determina nel tempo aumento della fragilità ossea ed è prevalentemente legata all’invecchiamento.

Tale condizione, può causare, nel tempo un indebolimento delle ossa che diventano più fragili, con conseguente aumento, dunque, del rischio di frattura ossea soprattutto in sedi quali vertebre, femore, polso, omero, caviglia che segue a traumi anche minimi.

2. Epidemiologia​

In tutto il mondo 200 milioni di persone soffrono di osteoporosi. Secondo l’ultima indagine ISTAT in Italia, solo il 4,7% della popolazione totale e il 17,5% delle persone con oltre sessantacinque anni dichiara di avere questa malattia. Il risultato è simile a quello emerso dal più recente studio epidemiologico multicentrico nazionale, ESOPO, secondo cui il 23% delle donne di oltre 40 anni e il 14% degli uomini con più di 60 anni ha l’osteoporosi.

Spesso le persone non sanno di soffrire di osteoporosi in quanto tale patologia non dà segnali della sua comparsa e viene spesso diagnosticata solo a seguito di una frattura che può avvenire a seguito di una caduta anche banale. L’osteoporosi colpisce in maggioranza il genere femminile, ma è una patologia che riguarda entrambi i sessi. Le donne ne sono più soggette rispetto agli uomini (si stima in un rapporto di 4 a 1) poiché l’abbassamento dei livelli ormonali estrogenici collegato alla menopausa, è uno dei fattori di rischio maggiori per l’osteoporosi, essendo responsabile dell’accelerazione della mineralizzazione ossea.

Durante l’infanzia, le ossa crescono e si riparano molto velocemente, dai 35 anni di età in poi questo processo è molto rallentato, soprattutto nelle donne in menopausa. L’uomo è meno predisposto alla malattia per la sua struttura scheletrica più forte ma anche perché l’andropausa subentra intorno ai 70 anni. Alcuni pazienti sviluppano l’osteoporosi già a 30-40 anni a seguito di stili di vita errati o ad altre malattie associate.

3. Cause e fattori di rischio

Dal momento che la condizione di osteoporosi è causata da una alterazione del rimodellamento osseo, il quale è regolato a sua volta da ormoni, farmaci, attività fisica, patologie, le cause e i fattori di rischio che possono condurre ad uno squilibrio tra distruzione e deposizione di tessuto osseo sono vari.

Oltre alla carenza di estrogeni, tipica delle donne in menopausa, o di testosterone per gli uomini dopo i 70 anni, esistono altri fattori di rischio che possono portare all’osteoporosi:

  • Malattie infiammatorie: artrite reumatoide, la malattia di Crohn e la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO)
  • Patologie endocrine: colpiscono le ghiandole che producono ormoni, come ad esempio una iperattività della ghiandola tiroide (ipertiroidismo) o di quella paratiroidea (iperparatiroidismo): alterazioni ormonali incidono sul processo di rimodellamento osseo , promuovendo una maggior riassorbimento a scapito di deposizione di nuovo tessuto
  • Familiarità con osteoporosi
  • Assunzione prolungata di farmaci steroidei assunti per via orale, in caso di patologie come l’artrite e l’asma, che influenzano i livelli ormonali e di densità ossea
  • Patologie legate al malassorbimento intestinale (celiachia, morbo di Crohn)
  • Carenza di calcio e vitamine o malassorbimento delle stesse: tra queste in particolare la vitamina D, necessaria per consentire l’assorbimento intestinale del calcio, e la cui carenza deriva soprattutto da un’insufficiente esposizione solare
  • Uso eccessivo di alcol e fumo
  • Disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia) legati a condizioni di sovrappeso o sottopeso
  • Sedentarietà prolungata o mancanza di attività fisica regolare

4. Sintomi: come riconoscere l'osteoporosi

Questo tipo di patologia è silente in quanto nelle prime fasi, non presenta alcun tipo di sintomo. Progressivamente, possono comparire manifestazione quali:

  •  Postura incurvata
  • Statura più bassa: dovuta ad uno schiacciamento alcune vertebre
  •  Fratture da “fragilità ossea” a cui si associa dolore acuto: sono una manifestazione improvvisa di osteoporosi ma già in fase avanzata che coinvolge prevalentemente sedi corporee quali il femore, il polso, l’omero, l’anca

Per evitare che si manifesti quest’ultima condizione, è bene analizzare insieme al proprio medico i fattori di rischio associati a questa patologia e mettere in atto alcune strategie di prevenzione.

5. Patogenesi: perchè si va incontro all'osteoporosi

Da un punto di vista fisiopatologico la comparsa di questa patologia è legata ad una alterazione del processo di “rimodellamento osseo”, processo metabolico di rinnovamento del tessuto osseo che avviene fisiologicamente secondo una sequenza temporale stabilita: inizialmente gli osteoclasti, cellule del tessuto osseo deputate all’eliminazione di piccole zone di osso (riassorbimento), erodono il tessuto formando piccole cavità e liberando nel sangue calcio e altri minerali; successivamente gli osteoblasti, depongono nuovo tessuto (deposizione) riempiendo così le cavità createsi.

In un osso sano, le due fasi di riassorbimento e deposizione, di durata di 90 giorni ciascuno, si alternano ciclicamente e alla fine di ogni ciclo la quantità di osso riassorbito e quella di osso neodeposto sono in equilibrio. Se alla fine di una serie di cicli, si verifica che la quantità di osso riassorbito sia superiore alla quantità di osso formato, si va incontro ad una situazione di osteopenia (“povertà ossea”).

La vera e propria condizione di osteoporosi si instaura quando la quantità di minerali depositata nel tessuto osseo, cala oltre una certa soglia ma oltre alla riduzione della quantità di minerali presente nell’osso (densità minerale ossea), si verifica una alterazione della struttura microscopica dell’osso: l’osso, infatti , è costituito strutturalmente da cavità trabecolari , unite cioè da strutture chiamate “trabecole”, tali strutture rappresentano una struttura compatta grazie ai depositi di minerali. In un osso osteoporotico, vi è la presenza di un numero molto inferiore di trabecole e che risultano essere anche più sottili con cavità minori in numero ma molto più ampie e legate da una minore quantità di sali minerali.

La conseguenza ultima è che l’osso risulta indebolito da un punto di vista strutturale, meno compatto e più poroso quindi più fragile e più soggetto a fratturarsi.

6. Come prevenire l'osteoporosi​

Una strategia di prevenzione dell’osteoporosi è quanto mai auspicabile in quanto, trattandosi di una patologia progressiva e degenerativa, non esistono terapie in grado di risolvere completamente il problema ma solo di rallentarne la progressione. La prevenzione è tanto più efficace quanto più viene attuata fin da quando si è giovani.

Lo scheletro si sviluppa molto velocemente dall’infanzia all’adolescenza e raggiunge i livelli ottimali di densità minerale intorno ai 25 anni di età. Per questo motivo, fare prevenzione a partire da queste prime fasi di vita quando il tessuto osseo viene costruito, significa raggiungere una massa ossea adeguata e quindi ridurre il rischio di sviluppare l’osteoporosi in età adulta.

Benché, la riduzione di densità ossea e l’alterazione della micro-architettura dell’osso siano spesso condizioni indotte anche da fattori non modificabili, vi sono diverse strategie per intervenire sui fattori modificabili che ne sono la causa:

  • Fare attività fisica regolare evitando un’inattività prolungata: l’esercizio fisico, infatti, stimola l’intero metabolismo corporeo compreso quello dell’osso che quindi diventa più robusto. Preferire attività semplici come camminare o salire le scale o come la ginnastica e la danza, attività durante le quali si fa lavorare il corpo contrastando la forza di gravità.
  • Mantenere un corretto peso forma: una eccessiva magrezza implica un carico inadeguato sullo scheletro che con il passare del tempo può indebolirsi, così come una condizione di sovrappeso oltre ad essere correlata a sedentarietà, può causare una diminuzione dei livelli di vitamina D che viene inglobata nel tessuto adiposo quindi non più disponibile. Inoltre, il sovrappeso è fattore di rischio per numerose patologie quali il diabete, e patologie cardiovascolari, che predispongono esse stesse all’osteoporosi 
  • Evitare il fumo e consumo eccessivo di alcool: l’alcool, se assunto in elevate quantità, così come il fumo di tabacco, inibiscono l’attività degli osteoblasti in favore dell’attività degli osteoclasti causando disequilibrio nel metabolismo osseo, inoltre riducono la produzione di ormoni quali estrogeni e testosterone, che inducono la produzione dell’osso. L’alcool, inoltre, inibisce l’assorbimento del calcio a livello intestinale
  • Preferire un’alimentazione equilibrata che assicuri un adeguato apporto di calcio e vitamina D: La maggior parte del calcio all’interno del nostro organismo si trova nello scheletro ed è importante per avere ossa sane. Il fabbisogno medio quotidiano di calcio, Secondo la Società Italiana di Nutrizione Umana, varia in base all’età e deve essere maggiore nei ragazzi, nelle donne in gravidanza e durante l’allattamento e in post-menopausa. La vitamina D è essenziale per permettere l’assorbimento del calcio e per la mineralizzazione dell’osso. Una carenza di tale vitamina, dovuta spesso a una non esposizione solare, infatti, può compromettere la deposizione di calcio nel tessuto osseo e favorire l’insorgenza di osteoporosi.

Artrosi: cos’è e come prevenirla

1. Cos'è l'artrosi?

L’artrosi o osteoartrosi è una patologia reumatica cronica e degenerativa che interessa le articolazioni dovuta all’usura e all’invecchiamento delle stesse. É caratterizzata, inizialmente da lesioni della cartilagine articolare a cui consegue una modificazione di tutte le strutture che la compongono: tessuto osseo, capsula, legamenti, tendini e muscoli, e che in fase avanzata causa una perdita totale della funzionalità dell’articolazione stessa. 

In generale tale patologia interessa prevalentemente le sedi sottoposte a un carico corporeo maggiore come l’anca, la colonna vertebrale e le ginocchia e si manifesta con formazione di nuovo tessuto connettivo e nuovo osso intorno alla zona interessata. A seguito di tale processo degenerativo, la cartilagine che riveste le superfici ossee all’interno delle articolazioni e che ha la funzione di ridurre l’attrito tra le ossa, risulta deteriorata a causa dell’usura e perde quindi la sua caratteristica elasticità divenendo più rigida e quindi più soggetta a danneggiarsi.  Quando questa condizione peggiora, a causa di un danno importante alla cartilagine, essa perde la sua caratteristica funzione di ridurre l’attrito tra i due capi ossei, i quali, sfregando durante il movimento, provocano infiammazione accompagnata da dolore, gonfiore e rigidità. 

L’artrosi è classificata in:

  • Artrosi primaria: alterazione della cartilagine articolare in assenza di  “apparenti” cause o malattie concomitanti e può presentarsi in forma isolata in una persona altrimenti sana;

  • Artrosi secondaria: correlata ad evento o   malattia in cui il processo degenerativo è determinato da una causa o fattori estrinseci alla cartilagine che ha determinato il danno articolare (es. traumi o fattori come l’uso prolungato e ripetitivo di alcune articolazioni, il sovrappeso, infezioni o malattie metaboliche). 

2. Epidemiologia

Tale patologia interessa circa il 10 % della popolazione adulta e il 50% di coloro che hanno superato i 60 anni di età. Ha un’incidenza maggiore nelle donne con più di cinquant’anni in post-menopausa, mentre prima dei 50 anni l’artrosi colpisce ugualmente uomini e donne. 

Secondo l’Istat, l’artrosi/artrite interessa il 16,4% della popolazione risultando, insieme all’osteoporosi, tra le malattie o condizioni croniche più diffuse in Italia dopo l’ipertensione. La prevalenza di questa patologia aumenta con l’età ma presenta nette differenze di genere: è presente nella maggioranza degli esseri umani al quarantesimo anno di età e nella quasi totalità dei settantenni, con un picco di massima incidenza fra i 75 ed i 79 anni (tra gli over 75enni, il 68,2% delle donne e il 48,7% degli uomini dichiarano di soffrire di artrosi/artrite) (Istat 2013). 

Nonostante solo una minoranza degli affetti lamenti disturbi, l’osteoartrosi è di gran lunga la causa più importante di dolore e di invalidità per malattie articolari. Prima dei 45 anni è più colpito il sesso maschile, dopo tale età il sesso femminile. La prevalenza delle lesioni aumenta con l’aumentare dell’età.

3. Cause e fattori di rischio

L’artrosi è una patologia strettamente correlata all’invecchiamento e all’usura della cartilagine articolare, ma ci sono dei fattori di rischio che predispongono maggiormente alla malattia quali:

  • Familiarità: alcune malattie ereditarie come l’emocromatosi, la sindrome di Ehlers-Danlos e la sindrome di Marfan compromettono il metabolismo e/o la funzione articolare. Anche l’artrosi delle dita presenta una trasmissione familiare;
  • Sovrappeso e obesità: l’eccesso di peso a lungo andare danneggia soprattutto le articolazioni di anca, ginocchia e piede inducendo un carico eccessivo continuo in queste zone;
  • Fratture e lesioni articolari;
  • Alcuni lavori che richiedono posizioni forzate per lungo tempo e che sovraccaricano alcuni tipi di articolazioni (per es. stare inginocchiati a lungo) oppure il continuo utilizzo di alcune articolazioni (per es. le articolazioni delle dita delle mani);
  • Alcuni tipi di sport (es. il calcio): in cui si ha un’usura precoce delle cartilagini di piedi e ginocchia;
  • Malattie circolatorie che causano sanguinamento e danno nelle articolazioni
  • Alcune forme di artrite (per es. gotta, o artrite reumatoide) che danneggiano l’articolazione e la rendono più suscettibile ai danni della cartilagine.

4. Sintomi: come riconoscere l'artrosi

Tra i sintomi più comuni che possono aiutare a riconoscere questo tipo di patologia troviamo:

  • il dolore: che in genere è di tipo meccanico, il quale tende ad essere più intenso dopo l’esercizio fisico oppure quando si sovraccarica l’articolazione;
  • spesso accompagnato a “scrosci” articolari: piccoli rumori dovuti al cedimento dell’articolazione;
  • formicolio
  • intorpidimento delle aree del corpo interessate;
  • rigidità;
  • limitazione nell’utilizzo dell’articolazione

Altre manifestazioni legate all’artrosi possono riguardare le articolazioni delle mani: possono comparire delle deformazioni o nella parte terminale delle dita che prendono il nome di “noduli di Heberden” oppure nella parte iniziale (noduli di Bouchard). Alcuni dei pazienti, però non sempre manifestano questi sintomi e la patologia si rende evidente solo in seguito ad un esame radiografico.

5. Patogenesi: perchè si va incontro all'artrosi

Ci sono ad oggi diverse ipotesi sul processo fisiopatologico che porta all’osteoartrosi. In condizioni fisiologiche normali l’articolazione può essere considerata un microambiente in cui le varie strutture che lo compongono (la cartilagine, capsula, liquido sinoviale, osso) presentano una configurazione anatomica complementare e assicurano una perfetta integrazione biomeccanica. Per molto tempo si è ritenuto che sia nel caso in cui un’articolazione normale sia sottoposta ad un trauma o sollecitazione esterna troppo intensa, sia quando un’articolazione già compromessa (a causa di anomalie del collagene o a causa di una alterazione dei condrociti) sia sottoposta ad una sollecitazione normale, la sola struttura a risentirne fosse la cartilagine articolare: inizialmente l’insulto esterno stimola i condrociti, le cellule del tessuto osseo deputate alla degradazione della matrice ossea nel processo di rimodellamento, a degradare la cartilagine formando detriti cartilaginei che inducono il liquido sinoviale alla fagocitosi di questi ultimi dando avvio al processo infiammatorio con rilascio di citochine pro-infiammatorie (es. IL 1-beta) le quali, a loro volta, vanno ad alimentare e ad amplificare ulteriormente il processo infiammatorio, responsabile di una sempre maggiore sollecitazione dell’osso che reagisce ispessendosi e formando osteofiti. Questa condizione è accompagnata da dolore, gonfiore e rigidità articolare.

Nel corso del tempo, molti studi hanno dimostrato un coinvolgimento dei muscoli scheletrici nella fisiopatologia dell’artrosi.  Le disfunzioni motorie (es. debolezza) e sensoriali (es. diminuito tono propriocettivo) a loro carico hanno, infatti, un ruolo assolutamente determinante, sia come fattori di innesco che come meccanismi sottostanti a sintomi conclamati (es. dolore ed invalidità funzionale). Se in passato ci si era focalizzati solo su cartilagine ed osso come strutture coinvolte, non tenendo conto delle serie conseguenze a carico dei muscoli periarticolari, oggi non è più così.  I muscoli hanno funzioni motorie estremamente importanti, sono responsabili del movimento, conferiscono stabilità e proteggono da movimenti bruschi e dissipano il carico eccessivo durante l’andatura. Inoltre, i muscoli hanno una funzione sensoriale che contribuisce al mantenimento della posizione del corpo e del movimento. Per poter funzionare in modo ottimale, un muscolo deve essere forte, integro e non affaticato. 

Alcuni studi più recenti hanno dimostrato una stretta relazione tra debolezza muscolare e processo artrosico: una condizione di riduzione di volume e degenerazione funzionale dei muscoli (come nel caso dell’atrofia muscolare) da un lato può essere conseguenza del disuso dell’articolazione e del processo infiammatorio alla base dell’osteoartrosi, dall’altro, la debolezza muscolare stessa può essere considerata un fattore di rischio per lo sviluppo e la progressione dell’artrosi.

L’invecchiamento, i traumi, i sovraccarichi funzionali, sono tutti fattori che possono causare, in prima battuta, una disfunzione muscolare sensitivo-motoria, alla base della compromissione di quei riflessi neuromuscolari che proteggono l’articolazione ed assorbono gli shock di varia natura che su di essa si concentrano. La disfunzione dei muscoli sensomotori dovuta all’età, l’affaticamento, un debole trauma precedente, o un input sensoriale anormale sulla cartilagine, o riflessi neuromuscolari alterati possono portare ad una riduzione della capacità di assorbimento degli urti che a loro volta causano un eccessivo e rapido carico articolare durante il movimento. Tutto questo induce microtraumi e logoramento della cartilagine con successive microfratture e sclerosi dell’osso subcondrale, caratteristica visibile radiologicamente nell’osteoartrosi

6. Come prevenire l'artrosi

Per prevenire l’aumento del tasso di artrosi derivanti dall’invecchiamento della popolazione è necessario attuare strategie di prevenzione primaria e secondaria. Le prime hanno lo scopo di prevenire l’insorgenza della malattia; le seconde, invece, comprendono l’individuazione e il trattamento dei fattori di rischio per evitare la progressione in soggetti già a rischio. Appartengono all’una e all’altra categoria:

  • Trattamento dell’obesità: Oggi il tasso di obesità sull’intera popolazione sta aumentando a causa di una scorretta alimentazione e di una eccessiva sedentarietà. Per coloro che associano alla dieta l’esercizio fisico, la percentuale di mantenimento della perdita di peso aumenta. Il controllo del peso aiuta a ridurre il carico sulle articolazioni.
  • Praticare attività fisica ed evitare la sedentarietà: l’attività fisica moderata è utile per mantenere un buon tono muscolare, l’inattività, al contrario può indebolire i muscoli, rende le articolazioni più rigide e danneggia l’equilibrio oltre a ridurre la tolleranza al dolore. Esercizi di stretching mantengono un buon movimento articolare.
  • Evitare sforzi eccessivi e prevenire le complicanze da traumi: un iper-uso articolare, sottoponendo le articolazioni ad eccessivo e ripetitivo carico di lavoro, conduce ad un’usura articolare a causa di uno stress troppo intenso.
  • Seguire una dieta equilibrata: alcuni alimenti, presenti con costanza nell’alimentazione, possono aiutare a combattere l’infiammazione e riducono lo stress ossidativo dei tessuti in generale e quindi anche delle cartilagini: verdura cruda o cotta a vapore, semi di lino e di zucca, frutta fresca di stagione, frutta a guscio, legumi, yogurt,   formaggi meglio se di pecora e di capra ma consumati in piccole quantità, pesce, uova.  É necessario contenere il consumo di carne, di superalcolici e dolciumi.

Bibliografia

La fragilità ossea

Fragilità ossea

1. Cos’è la fragilità ossea?

Con il termine fragilità ossea si fa riferimento alla maggiore predisposizione dell’osso a rompersi.

Si definisce frattura da fragilità, infatti, quella che avviene spontaneamente, senza una causa evidente (esempio un trauma importante) alla cui base c’è invece la ridotta resistenza dello scheletro.

Le cause dell’aumentata fragilità scheletrica sono attribuibili a fattori diversi che in parte non sono modificabili, ad esempio l’invecchiamento o a fattori genetici (esempio osteogenesi imperfetta) ed in parte sono correggibili, esempio abitudini e comportamenti scorretti  .

Da un punto di vista fisiopatologico, la fragilità ossea è  collegata ad una progressiva diminuzione della quantità e/o della qualità del tessuto osseo che diventa così più sottile e poroso (osteoporosi), situazione asintomatica fino al manifestarsi di una frattura da fragilità. Oggi è sempre più diffusa in quanto strettamente legata all’invecchiamento della popolazione.

Quando una persona viene colpita da una prima frattura da fragilità ha un rischio cinque volte maggiore di subire una seconda frattura entro i successivi 2 anni. La frattura da fragilità è causata dalla rottura di un osso fragile del nostro scheletro e si differenzia da quella da trauma perché non è causata da un evento tale da giustificare una simile lesione. A rompersi infatti non è un osso sano ma sono segmenti indeboliti, di frequente a seguito di un processo osteoporotico, ma non solo. Si tratta di una frattura risultante da forze meccaniche che normalmente non potrebbero a causare una simile lesione. Tali lesioni, si verificano in modo spontaneo, a causa di piccoli traumi o perfino del solo peso corporeo. Può dunque avvenire ad esempio per una caduta dalla posizione eretta o da una sedia o al sollevamento di un peso banale, oppure addirittura a causa del carico del peso corporeo sullo scheletro.

Colpisce più di frequente vertebre, collo del femore, avambraccio/epifisi distale del radio (polso), testa dell’omero e bacino.

Alcuni dei sintomi delle fratture da fragilità sono proprio il dolore e l’affaticamento ed è per questo motivo che la fragilità ossea rappresenta un grave ostacolo all’invecchiamento in buona salute, che può compromettere la qualità di vita dei 4 milioni di persone che convivono con l’osteoporosi in Italia.

2. Epidemiologia

Almeno una donna su 3 e un uomo su 5 sopra i 50 anni, svilupperà nel corso della vita, una frattura da fragilità.

Le fratture da fragilità rappresentano un problema emergente di salute pubblica, soprattutto a causa dell’incremento della longevità della popolazione: l’età avanzata è infatti correlata a maggiore rischio.

Si stima che la fragilità ossea provochi nel mondo 8,9 milioni di fratture negli uomini e nelle donne all’anno. Questo vuol dire che ogni 3 secondi si verifica una frattura da fragilità anche a seguito di lievi sollecitazioni. Anche in Italia la fragilità ossea sta diventando una vera e propria emergenza se si pensa che 4 milioni di italiani con età superiore ai 50 anni sono colpiti da osteoporosi (3,2 milioni le donne un evento 0,8 milioni gli uomini) gran parte dei quali hanno già subito un evento fratturativo. Spesso la percezione del pericolo è inadeguata: va sottolineato che, dal punto di vista epidemiologico, in Europa la probabilità di incorrere in una frattura da fragilità nel corso della vita (es. frattura dell’anca) è 10-23% nelle donne e 6-14% negli uomini.

Il rischio di subire una frattura da fragilità nelle donne italiane, con età superiore ai 50 anni, è del 34% rispetto al 31% della media europea, negli uomini del 16% rispetto al 14% della media europea. Inoltre, il 75% delle donne non ricevono il trattamento farmacologico, a seguito di una frattura da fragilità. Questi numeri, così come l’incidenza delle fratture da fragilità, sono destinati a crescere entro il 2030, quando la popolazione italiana conterà il maggior numero di anziani, con pesanti conseguenze anche sul Sistema sanitario nazionale.

Ad oggi, le fratture da fragilità generano costi sanitari per 9,4 miliardi di euro, con un aumento stimato del +26,2% nei prossimi 10 anni. (Report IOF)

3. Cause e fattori di rischio

La frattura di fragilità spesso, ma non sempre, coincide con la condizione di osteoporosi.

Sono colpite da fratture di fragilità anche persone senza tale patologia, questo perché l’osso può essere vicino alla normalità dal punto di vista della densità minerale ma compromesso dal punto di vista qualitativo. Tuttavia l’osteoporosi rimane tra i principali fattori di rischio per le fratture da fragilità ossea.

L’osteoporosi è definita dalla World Health Organization come un disordine scheletrico sistemico, caratterizzato da compromissione della resistenza ossea che predispone a un aumento di fragilità scheletrica e quindi a rischio di frattura. Si tratta di un’alterazione della quantità e della qualità del tessuto osseo. È una condizione dell’osso che può avere origini genetiche o comparire nel corso della nostra vita a causa di vari fattori.

Un primo segnale è la riduzione della densità minerale ossea, che è in grado di predire il rischio di frattura. Le donne sono più soggette rispetto agli uomini in quanto questa condizione è correlata alla diminuzione degli estrogeni a seguito dell’arrivo della menopausa che accelera la perdita dell’osso ma è una patologia che riguarda entrambi i sessi. L’uomo è meno predisposto alla malattia in quanto la sua struttura scheletrica è piu’ forte, inoltre l’andropausa è piu’ tardiva arrivando intorno ai 70 anni. Nelle donne tra i 50 e gli 80 anni, in seguito alla prima frattura da fragilità il rischio di subire una successiva frattura entro il primo anno è cinque volte superiore rispetto alle donne che non hanno subito alcuna frattura (report IOS). Tale rischio è più alto nei primi 2 anni successivi a una frattura iniziale, in cui esiste il rischio imminente di un’altra frattura nello stesso sito o in altri siti.

Fattori di rischio piu’ comuni per le fratture da fragilità, oltre all’osteoporosi, sono:

  • età avanzata: piu’ di 50 anni per l’uomo
  • sesso femminile: periodo post-menopausa
  • Bassa densità minerale ossea
  • precedenti fratture da fragilità
  • familiarità per osteoporosi e per la frattura dell’anca
  • ridotto introito alimentare di calcio
  • elevato introito alimentare di sodio e/o caffeina
  • abuso di alcool
  • tabagismo
  • ridotta attività fisica e immobilità prolungata
  • sovrappeso o sottopeso
  • Carenze nutrizionali di vitamine (ad esempio vitamina D), proteine, minerali
  • Assunzione per lunghi periodi di farmaci quali i corticosteroidi, anti-estrogeni, antiandrogenici
  • malattie associate

4. Patogenesi: perché le ossa diventano fragili

In condizioni fisiologiche normali, il tessuto osseo usurato viene rimosso da cellule del tessuto osseo chiamate osteoclasti che erodono la matrice liberando i minerali in essa contenuti e viene sostituito dall’azione di cellule che prendono il nome di osteoblasti che, al contrario depongono nuova matrice, attraverso un processo che prende il nome di rimodellamento osseo. L’equilibrio tra rimozione e formazione di nuovo tessuto mantiene l’apparato scheletrico leggero, elastico e resistente. Nel corso degli anni, questo equilibrio tende a sbilanciarsi a favore di una maggiore maggiore attività di erosione perché le sostanze coinvolte in questo processo come le vitamine D e K e la capacità di utilizzare il calcio e altri minerali diminuiscono. Con gli anni, e a causa di un mancato stile di vita sano e in assenza di un esercizio fisico regolare, anche i muscoli tendono ad indebolirsi , in questo modo viene meno la stimolazione positiva sulle ossa e sulle articolazioni.

La fragilità ossea, quindi,  è determinata:

  • dalla perdita di spessore dell’osso corticale: per le donne del 10% entro 5 anni dalla menopausa e inseguito dell’1% all’anno, nell’uomo una lenta e costante diminuzione dello 0,2% all’anno
  • dall’ aumento della porosità dell’osso trabecolare: del 25% entro 5 anni dalla menopausa e in seguito dell’1% all’anno nella donna, una costante diminuzione dell’1% all’anno nell’uomo.

5. Come prevenire la fragilità ossea?

Prevenire la fragilità ossea è possibile (IOF). Per farlo è necessario che la prevenzione delle fratture da fragilità avvenga su due fronti:

  • Intercettando la condizione che predispone al rischio di fragilità ossea come l’osteoporosi: trattandosi di una condizione silente, di cui non si percepiscono sintomi o segnali finché non si verifica una frattura, è necessario prevenirla o ritardarne l’insorgenza
  • Prevenendo le fratture da fragilità una volta che l’osteoporosi è stata diagnosticata in soggetti con o senza fratture preesistenti

La prevenzione, in generale, si basa sulla modificazione dei fattori di rischio:

  • Alimentazione equilibrata: dieta ricca di calcio e vitamine, tra queste in particolare la vitamina D, è importante perché garantisce l’efficiente assorbimento intestinale del calcio da fonti alimentari e la cui carenza deriva soprattutto da un’insufficiente esposizione solare. Il fabbisogno giornaliero di calcio e vitamina dovrebbe essere 1000 mg al giorno tra 25-50 anni, 1000 mg al giorno in donne in postmenopausa in terapia ormonale sostitutiva o in uomini di età compresa tra i 50 e i 65 anni, 1200mg al giorno in donne in postmenopausa non in terapia ormonale sostitutiva e in uomini di età superiore a 65 anni. Tra gli alimenti che contengono questo nutriente ci sono: pesce, come il merluzzo, pesce grasso come il salmone selvatico, sardine e tonno, olio di fegato di alcuni pesci (es. merluzzo), tuorlo d’uovo, latticini.
  • Fare regolarmente attività fisica: allenarsi con costanza favorisce non solo il rinforzo delle ossa e dello scheletro, ma è essenziale per tonificare e sviluppare i muscoli e a mantenere un peso corretto.
  • Correggere fattori di rischio modificabili: fumo di sigaretta, abuso di alcool
  • Prestare massima attenzione ad evitare le cadute

Bibliografia

  • Osteoporosis: Fragility Fracture Risk: Osteoporosis: Assessing the Risk of Fragility Fracture. https://www.ncbi.nlm. nih.gov/books/NBK115326/
  • Rossini et al. Guidelines for the diagnosis, prevention and management of osteoporosis. Reumatismo, 2016; 68 (1): 1-39
  • World Health Organization. Global Health and Ageing. Available at: http://www.who.int/ageing/publications/global_health. pdf?ua=1. Accessed August 24, 2017.
  • World Health Organization. WHO Report on Ageing and Health: Background Paper on Musculoskeletal Health and the Impact of Musculoskeletal Disorders in the Elderly. Available at: http://bjdonline.org/wp-content/uploads/2016/08/MSK-Health-and-Ageing_Report-prepared-for-the-WHO-World-Report-on-Ageing-and-Health-10-July-2015.pdf
  • Report IOF. L’onere silenzioso delle fratture da fragilità per i singoli individui e i sistemi sanitari. https://www.iofbonehealth.org/broken-bones-broken-lives
  • Hernlund E, Svedbom A, Ivergard M, et al. Osteoporosis in the European Union: medical management, epidemiologyand economic burden. A report prepared in collaboration with the International Osteoporosis Foundation (IOF)and the European Federation of Pharmaceutical Industry Associations (EFPIA). Arch Osteoporos. 2013;8:136.
  • Come si cura l’osteoporosi? https://www.siommms.it/come-si-cura-losteoporosi/
  • International Osteoporosis Foundation. Stop at One: Make Your First Break Your Last. Available at: http://share.iofbonehealth. org/ WOD/2012/patient_brochure/WOD12-patient_brochure.pdf. Accessed August 24, 2017a

PuntoEffe: Una risposta a tutto tondo

PER UN SUPPORTO COMPLETO ALLE DIFESE IMMUNITARIE

Per favorire un pronto recupero dell’efficienza del sistema im- munitario, Geopharma, azienda leader nella nutraceutica, ha lanciato sul mercato “Palios Immune”, una nuova soluzione a supporto del sistema immunitario a tutto tondo, perché esso possa rispondere prontamente ad attacchi virali e batterici, di- fendendo fisiologicamente l’organismo.

È un integratore in compresse masticabili, adatto per adulti e bambini, privo di aromi e coloranti artificiali , a base di vitamina D, coinvolta nel meccanismi di difesa nell’organismo; Rosa Canina, una pianta il cui fitocomplesso è ricco in vitamina C, coinvolta nei processi di stimolazione del sistema immunitario, con un’attività antivirale dovuta alla produzione di citochine anti-virali e al legame diretto con i virus, utile anche per il sostegno dell’organismo e come ricostiuente; Sambuco, fitocomplesso che si è dimostrato essere particolarmente utile nella prevenzione e nel trattamento delle affezioni virali delle vie respiratorie, probiotici tindalizzati come il Lactobacillus Acidophilus, che si sono dimostrati utili in di- versi studi nel modulare la risposta del sistema immunitario attraverso l’attivazione del tessuto linfoide associato all’intestino (GALT), cioè quella parte del sistema immunitario presente a livello intestinale.

PuntoEffe

Da Geopharma un nuovo alleato per il supporto delle difese immunitarie post – lockdown

Difese Immunitarie

Dalla ricerca Geopharma arriva Palios Immune, una nuova soluzione per supportare il “ritorno alla normalità” e ripristinare la funzionalità del sistema immunitario.   

Il lungo periodo di isolamento imposto dalla pandemia da Covid-19 ha messo sotto scacco il nostro sistema immunitario, riducendo la capacità dello stesso di reagire agli attacchi da parte di agenti patogeni di varia natura.

Il distanziamento, l’isolamento, la sanificazione degli ambienti e l’utilizzo di dispositivi di protezione in tutti questi mesi hanno ridotto i contatti dell’organismo con qualsiasi tipo di agente patogeno esterno con conseguente diminuzione dei contagi da parte di virus e batteri: queste condizioni di “protezione forzata”, se protratte nel tempo, possono portare ad una ridotta capacità del sistema immunitario di reagire agli attacchi: meno l’organismo entra in contatto con agenti patogeni di varia natura, meno vengono espressi anticorpi specifici, lasciando di fatto “scoperte” le prime difese. A questo si aggiunge l’effetto negativo della sedentarietà, che ha indebolito le difese immunitarie.

Con il ritorno alla normalità, la ripresa degli spostamenti e un minor uso della mascherina, l’organismo si ritrova nuovamente in contatto con molteplici specie patogene ma con un sistema immunitario “fuori allenamento” nel contrastarne gli attacchi ed è quindi importante contribuire a ripristinare la sua fisiologica funzionalità.

Per favorire un pronto recupero dell’efficienza del sistema immunitario, Geopharma, azienda leader nella Nutraceutica, ha lanciato sul mercato “Palios Immune”, una nuova soluzione a supporto del sistema immunitario a tutto tondo, perché esso possa rispondere prontamente ad attacchi virali e batterici, difendendo fisiologicamente l’organismo   

Il nuovo prodotto sviluppato e distribuito da Geopharma, è un integratore in compresse masticabili, adatto per adulti e bambini, privo di aromi e coloranti artificiali ,  a base di : Vitamina D, coinvolta nel meccanismi di difesa nell’organismo; Rosa Canina, una pianta il cui fitocomplesso è ricco in Vitamina C, coinvolta nei processi di stimolazione del sistema immunitario, con un’attività antivirale dovuta alla produzione di  citochine anti-virali e al legame diretto con i virus, utile anche per il sostegno dell’organismo e come ricostituente; Sambuco, fitocomplesso che si è dimostrato essere particolarmente utile nella prevenzione e nel trattamento delle affezioni virali delle vie respiratorie, probiotici tindalizzati come il Lactobacillus Acidophilus, che si sono dimostrati utili in diversi studi nel modulare la risposta del sistema immunitario attraverso l’attivazione del tessuto linfoide associato all’intestino (GALT) , cioè quella parte del sistema immunitario presente a livello intestinale.  

L’integratore Palios Immune sarà disponibile in farmacia.

Per consultare la letteratura scientifica visita la pagina: https://www.geopharma.eu/palios-immune/”  

Palios-Immune_Geopharma